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sente piú delli altri dovizioso d’ingegno e di varietá di sapere, e’ piacque mò al signor Dio di darci una certa sozza natura, per la quale quanto piú l’uomo s’alza dall’ un lato, tanto piú s’abbassa dall’altro; di maniera che bisogna pure al fin del conto noi vegniamo a mostrarci, tutti quanti siamo, una mano di poveri peccatori! E qui si, che se m’avessi un cappuccio in capo e una corda intorniata a’ fianchi, qui si, che mi s’aprirebbe un bel campo di snocciolare della sana dottrina e di provare questa cosa che non ha bisogno di prova: cioè che ciascun uomo è sempre un guazzabuglio, un viluppo, un composto matto di bene e di male! Resistendo nondimeno, malgrado la bellezza dell’occasione, alla smania di farla qui da predicatore, tiriamo innanzi a dire di questo famoso fiorentino; e poiché si sono tócche le varie buone qualitá che erano in lui, vegniamo anche a toccarne alcuna di quelle che erano cattive, onde la giustizia storica s’abbia il debito suo.

Chi dunque lo crederebbe che Niccolò, il quale per naturale ampiezza di cervello e per acquistata universalitá di sapere non ebbe forse mai in Italia chi l’agguagliasse; chi lo crederebbe che fu poi tanto semplice da inghiottirsi delle opinioni archibislacche, e cosi sommamente perverso in quelle da impegfnarsi quindi con tutta quanta l’anima per farcele adottare come se fossero state altrettanti vangeli?

Egli l’aveva, esempligrazia, molto fitta e ribadita nel capo, che in questo mondo non v’è bene di sorta alcuna se non per chi vive suddito d’una qualche repubblica; né si può dire come arrovellava quando pensava al vituperio e al malanno di passare questa grama vita come suddito d’un qualche assoluto sovrano.

Ogni sovrano assoluto, chi volesse stare al dire di Niccolò, non ha né può aver mai altro mestiero se non quello di sbarbare ogni virtú del suo paese e di seminarlo quindi d’ogni razza di vizi; e cosi seminatolo, di letamarli poi tutti e annacquarli in siffatta guisa e con tanto studiata diligenza, che vengano tosto suso grandi e grossi come zucche vernine; quando per lo contrario, dicev’egli, è faccenda d’ogni repubblica il pensare