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d’organi, che il re presente aveva fatti venire d’ Italia, di Germania e di Fiandra, vincendoli tutti con le sue sottili ’nvenzioni, e fra l’altre con una tromba e con un tremolo trovati da lui in quell’organo che fece a gara con quegli otto. E i due immortalissimi castrati Caffarello ed Egiziello furono quelli che, insieme col mastro di cappella David Perez e con molt’altri solenni musici scelti dal re a dar giudizio di quegli organi, sentenziarono a favore dell’uomo piccolino e lo dichiararono il piú pindarico organaio che sia. Il suo nome è Eugenio Niccolao Egan. Di patria è irlandese; il mestiero lo imparò in Londra. La paga datagli dal re non ha la debita proporzione co’ suoi rari talenti, e il piú cattivo de’ quaranta castroncelli della reai cappella di Sua Maestá fedelissima s’ha tre volte piú salario che non quell’ ingegnoso e vivace pimmeo. Con tutto ciò e’ non si cura di ricchezze e racconta a chiunque gli capita dinanzi quel suo trionfo sui suoi emoli, e si pasce dell’immensa gloria acquistata nel combatterli e nel vincerli, e va in estasi rammentando come tutti furono mandati indietro a’ lor paesi, dopo d’avere con somma loro vergogna fatto alle braccia con esso. Visto l’organo e sentitolo suonare da uno de’ trecento padri da messa che albergano a lor bell’agio in quell’ amplissimo convento, l’organaio mi condusse da un fiammingo che ne suona le campane. Quel fiammingo è veramente l’imperadore de’ suonatori di campana, poichú, oltre ai minuetti, alle gighe, alle sarabande e all’altre gentilezze che sa cavar fuora del metallo di quelle campane per divertire la famiglia reale quando è in Mafra, s’ha etiam in casa certe galanterie, che meritano per la singolaritá loro qualche benigna occhiata da un viaggiatore. Voglio dire, Pacciaudi mio, che quel campanaio s’ha inventati due stromenti musicali a mo’ di gravicembali, che non so bene come descrivervi con parole. Uno di quelli stromenti si suona correndo colle dita su certi cavicchi lunghi un palmo, i quali cavicchi, facendo battere certi martelluzzi sopra certi legnetti resi sonori dalle loro reciproche proporzioni, traggono fuora di que’ legnetti una musica molto molle e molto lontana dal dispiacevole.