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Di quale nuova ed esecranda razza di canaglia ti vai tu popolando a’ miei di, soavissima Italia mia! Non ci bastava per diecimila gaglioffi mentitori quello sciagurato del frate reverendissimo Buonafede b), artefice eterno di bugie grosse e da vergognarsene ogni piú sfacciato birro, ogni sgualdrina piú incallita? Bisognav’egli venisse pure quest’altro reverendissimo di prete a fabbricarcene dell’altre egualmente grosse, egualmente vergognosissime? Supponghiamo, nulladimeno, che lo zoppo avesse malmenato il Machiavelli, vale a dire che n’avesse fatto strapazzo a torto. Che duopo avremmo costi d’un «genio elevato» per difenderlo, vale a dire per confutare ogni cosa falsa che se ne fosse detta? Ci vuol egli un «genio elevato» per mostrare che chi non ha detto il vero non ha detto il vero? Non basta ogni men elevato genio a dire le cose che son vere e le cose che non son vere, quando si tratta, come qui, di cose stampate e ristampate in molti libri? Che mestiero d’elevatezza v’ha costi? che bisogno di genio o di non genio? Gli è però un gran che, Pierlorenzo, che un prete sacerdote, che un proposto di San Giovanni, che un mezzo monsignore come il Lastri, s’abbia voluto ridurre cosi per nulla alla viltá, all’abbiettezza, alla turpitudine di mentire come un birro, come una sgualdrina, come un padre Buonafede! E gli è poi anco un altro gran che, che un prete sacerdote, che un proposto, che un grosso pezzo di prelato com’esso, s’abbia insieme avuta una tanta dose del gonzo, da lusingarsi che una bugia sua cosi spiattellata, cosi sfrontata, cosi agevole a scoprirsi, non si sarebbe scoperta mai, non gli sarebbe stata mai rinfacciata né dallo zoppo né da veruno di que’ tanti amici e partigiani ch’egli s’ha in Italia e fuor d’Italia! Un reverendissimo del suo calibro avere tanto del gonzo da darsi ad intendere possibile una siffatta impossibilitá! Non è questa la fola dello struzzo, che ficca la testa nel folto d’una macchia e che si crede di cosi celare il suo corpaccio agli occhi del cacciatore? (1) Il padre don Appiano Buonafede non ha molto che fu scelto per generale dell’ordine loro da’ frati celestini. Oh, fratacci senza cervello e senza timor di Dio! G. Baretti, Scelta di lettere familiari. 26