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LETTERA TRENTATREESIMA

del conte Maurizio Turinetti di Pertengo

AL COMMENDATORE VITTORIO AMEDEO DlDIERO [Delle stufe inglesi e di due recenti scoperte che ne rendono maggiori e piú pronti i vantaggi.] Una delle tante cose, che mi cagionarono il piú di maraviglia alla mia giunta in questa Inghilterra, è stata quella di vedere gli uomini fare in tanti luoghi una bella forza all’aspra natura del loro clima, e costringerlo suo malgrado a dar loro non soltanto una buona parte de’ frutti e de’ fiori di cui le nostre piú miti latitudini abbondano, ma quelli eziandio che la terra non vuol produrre se non dentro ai tropici e sotto la linea. Non si può dire, signor commendatore, il numero delle stufe che sono sparse in quest’isola per ogni dove, piene tutte di tanta vegetazione che ne scoppiano. Per una che i nostri italiani se n’abbiano, gl’inglesi n’hanno mille, a dir poco. Oh, vergogna nostra universale, che potremmo averne piú che non essi con pochissima spesa, mercé del nostro piú favorevole clima, che non richiederebbe in quelle un tanto lungo fuoco quanto le loro, e che siam pure si abbiettamente rimessi da poterci contare sulle dita quelle che l’Italia contiene! Lasciamo nondimeno d’ allargarci su questo argomento, e non mettianci a predicare; ché, in ogni modo, il predicare agl’italiani è, e sará sempre, un predicatore a’ porri, né piú né meno. Si vuole, signor mio, che un olandese sia stato verso la metá del passato secolo il primo inventore delle stufe e del modo di regolare in tal guisa col termometro un calor di fuoco fra le loro quattro mura, da formare in esse qualunque clima si voglia. Chiunque si fosse quell’inventore, e’ fece un gran bene agli uomini, insegnando loro a procacciarsi, malgrado la natura e malgrado la tarditá delle stagioni, tante e tante cose