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avere, affondino repentinamente nell’abisso delle miserie? Mondo mio, chi diavolo t’ha fatto? — Ma tu se’ un ciarlone ignorante, che parli perché t’hai la lingua. Se invece di parlare, volessi guardare, e cogli occhiali su quel tuo naso, tu lo vedresti tu pure il gran bene che il commercio partorisce dovunque s’intende, dovunque s’estende! — Statti, messere, ché gli occhiali me li ho posti su questo naso delle volte millanta, checché tu ti creda; e cogli occhiali m’ho letto delle storie tante, nelle quali si dicono per filo e per segno i tanti beni partoriti dal commercio in tutti que’ paesi, de’ quali divenne la prima cura. Ma che ho io letto in quelle storie tante? Quello che tu, né piu né meno. — Via! diccelo in malora! — Senti dunque. In primis et ante omnia, ho letto in quelle storie come un certo cavaliero, il quale viveva a’ tempi del cavallo Bucefalo, fu signore d’un paesuccio chiamato la Macedonia, tanto piccino piccino, che a malapena s’ha oggi il segno nelle nostre carte geografiche. Sua Signoria, che s’era un di fatta venire troppa sete mangiando d’un prosciutto di Baiona, non avendo vino alla mano per acquetare quella gran sete, si bevette, e tutta in un sorso (cosa mirabile a dirsi!), una certa repubblica che chiamavano di Tiro, la quale, non sapre’ dirti come, s’era illiquidita soverchio a forza di commercio. Non t’infilzo baie. La cosa è stampata, non mi ricordo se dall’Aldo o da’ fratelli Giunti. E un altro di, che s’aveva fame, quello stesso macedoncello si fece un bel pasto d’un imperio di lá dal monte Tauro, nel quale s’usava fare il commercio del Mogollo, dell’Etiopia e del Cataio. Se l’affamato cavaliero si masticasse quell’imperio o se il biasciasse solamente prima d’ inghiottirlo, il libro noi dice: ma basta che sei mangiò, col buon prò che gli abbia fatto. Vedi stomaco che debbe aver avuto quel Lisandro di Pippo, ché cosi fu il cavaliero chiamato a battesimo! Risponderai che questa storia sa di vieto, e che non è anzi una storia, ma un romanzo d’un messer Quinto, da non farne piú caso della Stratonica di Luca Assarini o della Dianea di Gianfrancesco Loredano. Sia: ma nemmanco per questo mi