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milanesi s’avranno luogo, quando sará pubblicata, di mostrare sempre piú la saviezza e la prudenza loro, disapprovando la mia franchezza, la baldanza mia. Non posso nondimeno lasciar ire senza un po’ di risposta quella vostra solenne sentenza: che sia cosa da barbaro l’offendere altrui. Signor Carlo mio caro, il rintuzzare l’albagia d’ un conte Verri, il reprimere l’insolenza di chi ti dá del pedante perché non vuoi approvare com’esso le vituperose filastrocche d’ un avvocato viniziano, l’indicare il vero a molti scioccherelli, che noi possono scorger mai se non è loro indicato: in sostanza, il pigliar la difesa della ragione, il dare alla giustizia il suo dovuto, pare a me che non si dovrebbono, da voi pé da nessuno, chiamar cose da barbaro, non s’avrebbono a porre nel numero delle offese fatte al conte Pietro Verri. Vi pare, signor Carlo, ch’io sia persona da far male ad una povera talpa, quando se ne sta nel suo buio sotto terra, come deve stare? Ma, se la scorgo uscire della sua picciola tana, e se contra la natura sua la veggio venir a fare degli sforzi per mordere con que’ suoi denticini me o altri, nessuno mi deve dire che offendo la povera talpa, se le schiaccio un po’ il capo col piede. Lasciamo i paragoni, signor mio. Lo so quanto voi che i savi e i prudenti all’ultima moda non avrebbono trattato il conte Pietro Verri come io lo trattai in quel mio Discorso in francese. Ma io non mi picco d’esser un savio e un prudente all’ultima moda; e se il mio soavissimo signor Carlo è tanto immodernito da lasciarsi portar via dalla corrente senza muovere piè né braccio, tal sia del mio signor Carlo soavissimo. Anch’egli s’ha il suo bel pezzo di senno: adoperilo come piú gli pare, ma lasci adoperare a me il mio come pare a me. Bravo quel Verazzi, che si buscherá que’ mille zecchini facendo l’opere che occorreranno, l’imminente carnovale, al vostro nuovo teatro! Buon prò gli facciano, se saprá farle buone. Ma è egli poeta alla metastasiana o alla goldoniana? Va bene ch’egli sia stato molt’anni alla corte dell’elettor palatino componendo dell’opere pe’ tedeschi di Manheim, che l’hanno trovate tutte buone. La difficoltá consiste nel sapere se que’ buoni tedeschi sieno giudici competenti della nostra drammatica poesia.