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anzi moltissimi altri pregi che lo costituiscono poeta per molti altri capi, e poeta de’ piú grandi che s’abbia il mondo o s’abbia avuti mai. Il Metastasio è tanto dolce, tanto soavissimo e tanto galantissimo nello esprimere affetti teneri e passioni amorose, che in molti de’ suoi drammi ti viene a toccare ogni piú minuta fibra del cuore, ti muove sino alle piú calde lagrime. Chi non è vandalo o turco, o, per meglio dire, chi non è mezz’uomo e mezzo bestia, come il Francesco Badini, l’Antonmaria Borga, il padre Appiano Buonafede, il Giambattista Vicini ed altri cialtroni di tal fatta, bisogna s’intenerisca, bisogna pianga, da volere a non volere, quando legge spezialmente la Clemenza di Tiio, il Giuseppe riconosciuto e quegli altri drammi composti dal Metastasio quand’era nel fiore del suo comporre. Oltre però all’essere irresistibilmente patetico, il Metastasio è poi anco sublime sublimissimo in moltissimi luoghi; né l’Italia può millantarsi d’ alcun pezzo d’elevata poesia che superi alcune parlate di Tito, di Cleonice, d’Alceste, di Temistocle, di Regolo e d’altri suoi eroi ed eroine; e piú sublimi ancora di quelle parlate sono molte intiere scene e molti cori ne’ suoi oratorii e nelle sue cantate. E quelle sue cantate (voglio dirlo cosi di passaggio), piú ancora d’ogni suo oratorio e d’ogni suo dramma, palesano il Metastasio per poeta di cosi fertile immaginativa, che ben possiamo farne degli sforzi, ma in questa parte, vale a dire nello inventare, egli non lascia ad alcuno la piú leggiera ombra di speranza d’avvicinarsegli e d’agguagliarlo, non che di superarlo. Quanti e quanti non si sono provati a comporre una cantata col magro argomento alle mani d’un matrimonio, d’un di natalizio o d’altra cotale fanfaluca? Ma, per amor di Dio, chi v’è stato mai che, dopo d’aver battuto e ribattuto l’acciarino della propia fantasia, n’abbia potuto trarre una sola chiara scintilla d’invenzione? Fremete pure e disperatevi, signori poeti; ma per far nascere l’abbondanza dal seno della sterilitá stessa, non lusingatevi mai di poter meritare né tampoco il titolo di staffieri del Metastasio! E chi, signor don Tita, chi finirebbe poi di lodarlo, considerando quanti buoni documenti, quante nobilissime sentenze,