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E che intend’Ella di fare, signor Chiaramonti, ora che si trova creato professore di storia naturale, vale a dire ora che s’ha ben acconce l’uova nel panierino? Giá Vossignoria lo sa come a me piaciono quegli uomini i quali sanno intraprendere delle cose nuove, tosto che s’han dato ricapito alle vecchie. Non vuol Ella essere nel bel numero di quegli uomini? Certo che si! Dunque avaccisi a menar moglie: ah! gliela suggerisco io buona? Mi par di si; poiché ad un professore, con tanto di toga azzurriccia giú per le spalle, non è e non debbe esser lecito di piú vivere a quel modacciaccio che soglion vivere, quasi e senza quasi, tutti coloro che non hanno da trinciarla in faccia al pubblico e che se la passano, per cosi dire, ne’ nascondigli della vita privata. Io gliela sbalestro giú alla carlona, signor mio. La legge del decoro, per non ne mentovare un’altra di piú peso, le ordina di pigliarsi una moglieroccia quanto piú presto potrá, onde poter vivere quindinnanzi da maestro anzi che da discepolo. Dunque si dia delle mani intorno, e se ne procacci una di buon garbo quanto si possa, e faccia d’avere con essa di qui a pochi anni una brigatella di marmocchini, che corrano per quell’orto suo e vi giuochino a mosca cieca tutto il santo giorno, senza scordarsi ch’io voglio esserle compare in occasione del secondo maschio o del terzo per lo meno, ché il primo bisognerá pure lasciarlo a qualche suo parente ricco o a qualche amico di piú importanza che non son io. Questo, si, sará un argomento per una lunga ed erudita lettura di storia naturale, e degna del mio signor Chiaramonti! Lettura però da non si snocciolare dalla sua cattedra a’ suoi imberbi alunni, che non s’hanno ad iniziare troppo di buon’ora ne’ piú reconditi segreti del suo nuovo professorato. Stiasi sano, signor mio, e tiri innanzi a volermi bene, ché mi par pure di meritarlo, avendone io voluto tanto a lei da piú di dodici anni e senza il minimo interrompimento, se non erro nella data della nostra prima conoscenza.