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santa ad una gentildonna viniziana; e in secondo luogo m’avrò scelto un mecenatone di prima bussola, intendentissimo piú di qualsivoglia delle regole indicate nel mio prefato trattatello Della perfetta pseudo-poesia. Poiché lo stimabilissimo signor abate Gioacchino, nel suo carattere di pastore arcadico, ha date delle prove e delle riprove a belle dozzine come sa molto bene e cervellutamente sciorinare nel bosco Parrasio de’ versi anche peggiori che non ne sciorinava la semplice anima di quel Mireo Rofeatico che dissi, suo predecessore nel generalato; ed in quell’altro suo carattere d’accademico della Crusca, il signor abate Gioacchino, sempre che si spannocchia delle caccabaldole in prosa (0, nolla cede un pelo al piú sfibrato, al piú abbindolato e al piú infranciosato cruscantello che stiasi abburattando insieme le boccaccerie e i gallicismi in Firenze o fuor di Firenze. Puoffar l’ippopotamo, signor Pianta nostro, che con di questi prolegomeni in fronte i miei sette tomi non abbiano ad essere frettolosamente comprati, avidamente letti e sbardellatamente applauditi da ciascun mortale, come testé le melensaggini dell’abate Chiari di Brescia, le santocchierie dell’avvocato Costantini di Venezia e le castronerie de’ duo conti Verri di Milano? Per mia fé, che non me la so dare ad intendere; e tanto piú, che ciascun frontispizio di ciascun tomo s’avrá per motto le seguenti magiche parole in versi, che avrò prese in prestito dal giá nominato abate Godard j: Arcadia è madre di felici ingegni: Mevio l’oda e paventi! ( z ). E sul dosso di ciascuno de’ sette frontispizi saranno puranco poste quell’ altre parole in prosa, e scritte a mo’ d’indovinello (1) Vedi per saggio una sua tiritera posta in fronte ad un Discorso, composto dal giá nominato principe Gonzaga di Castiglione, scritta con la piú affettata goffezza di stile, digiuna affatto affatto di pensieri e bruttamente pilottata delle piú stucchevoli franceserie. Oh, Gonzaga! E tu ti lasci incensare dai Pizzi e dai Godardi? (2) Vedi le molte note colle quali lo sciocco abate ha procurato d’abbuiare affatto il non troppo intelligibil testo d’un discorso sul suddetto principe Gonzaga, intitolato II letterato buon cittadino. Il mio motto è tratto dalla pagina ventiduesima, colonna prima.