Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/258

ducati di Parma, di Piacenza e di Modona, i quali s’avranno, come per giunta o vogliam dire per coda, que’ tisici poetini di Guastalla, di Bozolo e di Sabioneta: e scommetto, signor Giuseppe, che la Signoria Vostra si fará le mille croci al vedere l’amplissima ricolta di mosciolini, di zanzare, di grilli, di farfalle, di bruchi, di ragnuoli e di cavallette, che ho saputa fare lungo le poco apollinee rive del Taro, del Panaro e del fangoso Crostolo, che da’ rauchi vati guastallesi è sempre con divino estro chiamato «il limpido Crostumio». Crederestilo, vita mia, che i manufattori di smilzi versi prodotti da’ quei piccoli paesi agguagliano quasimente per numero quelli del dominio veneto, de’ quali il tomo quinto dará contezza? Competentemente grande sará il tomo seguente, cioè il sesto, dal quale si diranno i poeti della nostra Toscana, tanto diversi da que’ loro Danti e Petrarchi e Pulci e Berni e Bonarroti (*), che in piú felici tempi la feciono sfolgorare sopra ogn’altra poetica terra. E il settimo finalmente, anch’esso d’un’assai buona misura, s’avrá quelli di Napoli e della Sicilia, che Dio ne scampi i cani, i gatti ed ogn’altra spezie d’animali terrestri, aerei ed aquatici. Ecco, signor Pianta, il disegno in iscorcio di questa mia nuova opera, che, quantunque semplice assai, mi lusingo le parrá ingegnoso e sottile c.tremodo, poiché m’ha costate di molte vegghie e degli sforzi di mente piú di tredici e piú di venzette; di maniera che, posso dirlo senza briciola di iattanza, lo stesso messer Lodovico non si beccò tanto il cervello nell’ordinare i suoi quaranzei canti del Furioso, né adoperò la metá invenzione fantasticando que’ suoi tanti caratteri, quanta n’ho adoperata io nel delineare i miei e nell’ordinare questa mia fattura. E qui, sdrucciolando ’n un episodio, m’è duopo dirle, signor mio, com’io non intendo mica in questa mia storia d’andarmene pedestremente sull’orme di que’ tanti spettabili viri, che in tutti (1) Credo intenda Michelangelo Bonarroti chiamato «il giovane», nipote del gran Michelagnolo e autore della Fiera, della Tancia e di qualch’altra cosa.