Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/248

sempreché tu spingessi il labbro in fuora, farebbono tremare me, come fanno tremare tutta l’Asia? Ben mi lusingo, senza tu mel giuri, che dureresti gli anni e gli anni ad essermi adoratore; essendo persuasissima che la mia bella personcina, e il mio garbato favellare, e il mio pensare sempre allegrissimo, e le mie tante grazie e smorfie e giammengole, e perfino le mie frequenti stizze, i miei frequentissimi capricci, ti terrebbono incatenato per un pezzo a tutte le mie voglie. Ma, sultano mio, se t’ho pure a palesare un segreto che non ho mai palesato ad anima nata, e’ mi piace infinitamente piú l’essere ammirata da mille goffi che non amata da un solo galantuomo: e siasi sultano quanto può essere. Forse che il tuo turchesco intelletto non giungerá a capire come questa cosa possa essere; forse la ti parrá un pochino stravagante, un pochino matta, un pochino fuor di natura, perché l’Altitudine Tua è sempre stata usa a costumi semplici, né mai avesti che fare con caratteri donneschi imbrogliati e complicati. Persuaditi nondimeno, signor mio, che le donne di Firenze, anzi di tutta Italia, anzi di tutti i paesi cristiani, sono poco meno che tutte fatte a questa foggia quando sono giovani e belle; ed assicurati che, quando s’ hanno un tratto svaporato il bollore d’un primo affetto, ciascuna sagrificherebbe un sultano, ed un sofi giunta, all’ ineffabile diletto d’essere occhieggiate, servite, lusingate, lodate e celebrate da un mezzo milione di balordi cascamorti. Vedi ora, Mustafá mio, se, piena zeppa di questi vezzi, come confesso d’essere, vedi se m’è possibile rinunciare al mio Arno pel tuo Bosforo, e pigliare con questo tuo barbuto chiausse la via del tuo Costantinopoli, dove non corrono questi piacevolissimi costumi ch’io tengo tanto radicati nell’anima da non si svellere mai in eterno! «Ma se’ tu veramente innamorato di me, e vuoi tu fare una cosa che mi sia veramente grata? Lascia tosto la tua Turchia e volgi tosto le spalle alle tue quattrocento mogli, e vieni qui in Firenze il piú sollecitamente che puoi, con una lunghissima comitiva di basciá, di seraschieri, di beglierbei, di sangiacchi e d’altri tali schiavi tuoi. Vieni cosi accompagnato ad occhieggiarmi, a servirmi, a lusingarmi, a lodarmi, a celebrarmi, per-