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LETTERA TERZA

DELLO STESSO PIERPAOLO CELESIA ALLA SIGNORA GlACINTA PELLI,

INCHIUSA NELL’ANTECEDENTE [Le donne di tutti i paesi cristiani, quando s’hanno un tratto svaporato il bollore d’un primo affetto, sacrificherebbero un sultano all’ineffabile diletto d’essere occhieggiate, servite, lusingate, lodate e celebrate da un mezzo milione di balordi cascamorti.] A bel bello, madama, con questo tanto stranomarmi, con questo chiamarmi prosuntuosaccio, arrogantonaccio, millantatoraccio, baionaccio, eccetera eccetera! Ve lo dico e ve lo ridico, che posso a mio talento entrare in quel vostro cervello com’entro in casa mia, e che quivi posso leggere e leggo ogni vostro anche piú segreto pensiero, né piú né meno che se fossero tanti caratteri d’ebano incastrati in una tavola d’avorio. — Provalo e crederottelo. — Che ve lo provi? Subitissimo. E qui facciamo conto, o pogniam caso, che il Gran Turco abbia inteso parlar di voi e di quella gran bellezza di cui non siete punto vana, e concediamo siasene innamorato sul semplice ragguaglio fattogliene da non so chi, e che v’abbia spedito in posta uno de’ suoi chiaussi, e scrittavi per esso una lettera tutta di suo pugno, e pregatavi umilmente a partire immediate per Costantinopoli, promettendovi che, subito giunta colá, sarete dichiarata a suon di tromba sua prima sultana. Fingiamo, dico, tutte queste premesse: che rispondereste voi all’Altitudine Sua ottomanesca? Che pensieri nascerebbono in questo caso sotto quella vostra cuffia, e con quali parole esprimereste voi la vostra gratitudine per una tanta offerta, letta che aveste quella sua lettera amorosa? Povera donnina! Scommetto noi sapete nemmen voi! Scommetto non indovinate quali pensieri vi desterebbe, tanto poco siete usa ad esaminare voi medesima! Io però, che, senza ve