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Conosce Vossignoria le opere d’un certo letteratone tedesco nominato Kipingio? Vadasene a quello, e saprá come i romani usavano porre ne’ sepolcri de’ loro morti certe ampolline di vetro, che chiamavano «lagrimali», e che ne’ loro sagrifizi usavano pure le patere di vetro s’egli erano poveri, come le usavano d’argento e d’oro, s’egli eran ricchi. Vuol Ella piú?ch’e’ chiudevano le ceneri de’ loro defunti in vasi ed urne di vetro e di creta, dice il Kipingio, quando non s’avevano tanti soldi che bastassero a procacciarne di materie piú care. Quante di quelle patere e di quell’urne non abbiamo noi nelle nostre teche e ne’ nostri musei, tutte tratte di que’ loro sepolcri e d’altri luogo sotto terra? 10 stesso ho in casa un’urna sepolcrale nitidissima di quasi otto once di diametro, che fu trovata in Dalmazia nel territorio di Zara, e le so dire che s’aveva dentro le ceneri Dio sa di chi, quando fu disotterrata; né mi mancano le mie belle paterette tutte di vetro di varie forme e misure. Torniamo indietro un passo: cioè torniamo al vecchio Plinio, 11 quale racconta come il modo di far il vetro fu casualmente scoperto. Questa è la sostanza delle sue parole: «E’ v’ha una palude in quella parte della Siria chiamata Fenicia, prossima alla Giudea, dalla quale si crede scaturisca il fiume Belo che bagna i muri di Tolemaide. Il corso di quel fiume è lento assai e Tacque sue non sono punto buone a bere. Le arene, che il mare fa rigurgitare alla sua foce, sono squisitamente buone per far il vetro. È fama — continua Plinio a dire — che a quella foce approdasse, sono ben undici secoli, una nave carica di nitro, e che alcuni di que’ che v’eran dentro, stucchi dello stare in barca e vogliosi di desinare in terra, traessero una pignatta in sul lido e, non avendo treppiede su cui porla, portassero della nave alcuni pezzi di nitro, sui quali collocata la pignatta e accesovi sotto il fuoco (ve’ la possanza del caso!), non cominciò si tosto la fiamma ad esser viva, la buona gente vide scorrere in una lunga striscia un liquore che nessun d’essi sapeva cosa diamine si fosse. Il fatto sta che l’arena e il nitro, accozzati insieme dal fuoco, s’avevano formata quella striscia, e che in sostanza il liquore non era se non un vetro vero e