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faccende ch’io stia qui tre o quattro giorni. Alla piú lunga sarò costá al capo d’otto di, cominciando a contarli domani, e anderò a smontare all’osteria del Falcone, dove tu avrai lasciato il tuo indirizzo, ond’io ti possa trovare due o tre momenti dopo il mio arrivo; ché, se non ti vedo subito giunto, darò in mille smanie. Oh, quanto ardo di rivedere que’ tuoi occhioni di fuoco e quella tua fronte spaziosa e quel tuo naso alla maomettana! Il musico intanto ti dará uno stretto abbraccio per arra di que’ tanti che ti darò io di qui a quell’ottavo giorno. La sera che arriverò e che ti sará da me previamente indicata con un’altra lettera, faccio conto d’avere una cena ammannita in fretta a quel Falcone; sicché di’ a quanti piú de’ nostri amici potrai che si tengano disimpegnati per quella sera e che n’aspetto almeno due dozzine a cena meco. Fa’ non mi fraudino d’un tanto piacere. Affé che li voglio soffocare tutti quanti a forza di carezze, ché, malgrado gli anni e la lontananza, il cuore l’ho conservato milanese. Intanto addio, caro il mio Bicettone: addio! Presto guazzerò nel gaudio con te e con gli altri amici. Alleluia un’altra volta!