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da certi gaglioffacci che tenevano certe loro acutissime picche rivolte verso la sua pancia, non delle piú smilze. Ve’ le belle cirimonie che s’usano nella elegantissima corte di quell’ imperadore mussurmanno! Giunto al letto, bisognò parlare per interprete alla dama, nascosta al guardo del signor dottore da un ampio velo che copriva tutto il suo letto. L’interprete non sapeva spiegar bene quello che la malata gli stava dicendo di sotto a quel velo, attraverso il quale né anco il suo polso poteva essere ben toccato. L’eccellentissimo, un po’ stizzoso di natura, non potendo né ben intendere né farsi ben intendere, fu sorpreso da una convulsione d’impazienza tale, che, senza ricordarsi delle picche lasciate nella prossima camera, strappò a un tratto il velo d’addosso alla sultana, giovanetta, per quanto si vedette subito, d’una bellezza tanto sfolgorata, da far morir d’amore la statua di Zenocrate non che un Gran turco fatto di carne e d’ossa come qualsivoglia cristiano. La bella non si scompose punto all’atto subitaneo che la stizza dottorale aveva cagionato, ma, ridendo anzi potentemente, si lasciò toccare il polso nudo e guardare alla lingua, eccetera, eccetera; e il signor Gran turco, il quale stavale li accanto seduto sur una mano di guanciali, prese la cosa dal buon lato, si diede a ridere anch’esso e lasciò che il medico facesse quindi le sue cose alla nostrana, cioè che visitasse l’inferma con quella schiettezza che s’usa da’ nostri medici colle nostre donne, quando vogliono essere guerite de’ loro mali. E dopo alquante altre visite fatte alla sultana senza essere piú preceduto da que’ ribaldi colle picche, e restituitale la salute, fu finalmente congedato con una quantitá di sultanini avvolti in un fazzoletto di seta, postigli in mano dal medesimo Gran signore: cirimonia anche questa un po’ strana, come quell’altra giá detta, comeché non tanto formidabile. Novellando in cotal foggia si passò tutto il dopopranzo di ieri e gran parte della sera col buon ottuagenario, il quale sta ora stampando in Bassano una sua opera, intitolata De morbis et morborum caussis per aria tome u indagatisi e sará negozio di due volumi in folio, ciascun volume di circa dugento fogli di stampa G. Baretti, Scelta di lettere familiari. 13