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LETTERA QUARANTATREESIMA

di Francesco Ageno al marchese Giambattista Negroni

[Del botanico Marsili e dell’anatomico Morgagni; dell’orto botanico dell’universitá di Padova.] Vostra Eccellenza la vuol cosi, e cosi sia. Se la seccherò col minuto ragguaglio di questo mio viaggio, la colpa sará tutta sua. Cominciamolo dunque senz’altro preambulo. Partimmo iermattina da Venezia il dottor Marsili ed io in una gondola a quattro remi, che in poco piú di mezz’ora ne portò a Fusina. Quivi si prese la posta tutti due a cavallo, e cosi correndo veddi per la prima volta le tante ville che adornano ambe le rive della Brenta. Ci vorrebbono di molti giorni per ben esaminarle, non meno che molti tomi per descriverle bene. Quella sola de’ Pisani, dicono con piacevolezza gli esageratori, basterebbe per istraccare gli occhi d’Argo a guardarla e le mani di Briareo a scriverne, tante belle cose ha di fuori, di dentro e d’intorno. Io però, che non sono esageratore, dico ch’ella è bella e magnifica di molto e degna di que’ signoracci che la posseggono; ma dico etiam che non è tale da far paura o vergogna alle ville principali di voi altri signori genovesi, e che chi ha veduta la vostra Ponsevera e il vostro Bisagno e il vostro Albaro non ha ragione di farsi le croci al vedere la Brenta. Giunti la sera in questa Padova, la si passò tutta accanto al fuoco, perché il freddo si fa sentire molto acuto con questi venti che soffiano attualmente dal paese tedesco. Stamane feci un lento giro per l’orto botanico, a cura del quale presiede lo stesso Marsili che ha succeduto al Pontedera. Cappe, che bell’orto! Il mondo tutto non credo n’abbia un eguale. Gli è cinto da un muro circolare, che s’ha quattro