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cervello a goccia a goccia. Ogni scrittore, signor mio eminentissimo, s’ha la mente come la natura gliel’ha fatta o, per meglio dire, come questa e quella sorte di studio gliela vennero formando poco a poco. Però Vostra Eminenza mi lasci rimestare il mio stile alla mia guisa naturale, senza franceserie come senza boccaccerie; e cavando quel po’ di sugo che potrete dalle ciance che v’anderò, come dissi, trasmettendo di mano in mano, vogliate scusarmi e perdonarmi se non le troverete punto ingioiellate con di que’ diamanti e rubini e smeraldi e zaffiri e ametiste e crisoliti e piropi e ossidiane, che ci vanno tuttora venendo di Parigi; o se vi riusciranno poco infrangiate e abbellate con di que’ «quinci» e di que’ «quindi», con di que’ «guari» e di que’«clienti», che si trovano tanto abbondevolmente sparsi pel Decamcrone del prefato messer Giovanni. Zitto dunque, signor cardinale, ch’io comincio qui con alcune poche notizie intorno alla nascita e alla prima etá del nostro valente filosofo Galileo Galilei, da me incontrate in alcuni manoscritti che si conservano da molt’anni nella biblioteca laurenziana b) e che, poste nell’ordine cronologico, vengono a dire nella seguente maniera. Nella rinomata cittá di Firenze viveva sulla fine del quintodecimo secolo un musico molto dabbene e di non poca perizia nell’arte sua, chiamato Vincenzio Galilei; il quale, avendo menata per donna una molto avvenente e virtuosa fanciulla d’una famiglia non del tutto ignobile, non passò l’anno che questa lo fece padre d’un assai bel putto, al quale Vincenzio volle si ponesse il nome di Galileo, onde serbar viva la memoria del nonno, che anch’egli s’era chiamato con simil nome. Questo Galileo secondo, o forse terzo, non era in certo modo stato peranco fasciato, che s’appiccò alla destra poppa della balia provvistagli dalla madre innanzi tratto, e vi s’appiccò tanto veementemente che presto l’ebbe vuota di quanto latte rinchiudeva; né la poppa manca sarebb’ita esente da quell’impeto, se un sonno de’ piú profondi non fosse venuto in soccorso della mal (i) In Firenze v’è una celebre biblioteca cosi chiamata, se non m inganno, perché il suo primo fondatore fu Lorenzo de’ Medici, figliuolo di Cosimo pater patriae.