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fertile, come pittoresco, veduto in tempo d’autunno! Che dolce collina, lunga tante e tante miglia, lo fiancheggia dall’un lato! collina ricoperta dall’ una all’altra stremitá da millanta e millanta case villerecce, ciascuna situata su qualche amenissimo poggio, ciascuna intorniata da innumerevoli viti e da una indicibile varietá d’alberi fruttiferi, e ciascuna posta nella piú salubre aria che sia! Quanti e quanti fiumi e torrenti e ruscelletti e canali fatti ad arte bagnano poi, oltre al rigoglioso Eridano, tutto quel popolatissimo piano che s’estende all’occidente e al settentrione di questa metropoli sino alle sterminate Alpi, le quali, quantunque lontane da essa piú di trenta miglia, paiono tuttavia esserle vicinissime, cosi alti sono i loro diversi gioghi ed altissime le loro varie vette! Ma, signora Dorotea, oltre alle quattro facciuole promessevi al mio cominciare questa mia lettera, ecco ch’io ve n’ho scarabocchiate otto. Dunque bastivi cosi per oggi, e il resto aspettatevelo a bocca fra sei o sette di, poiché posdomane partiamo per Vigevano, dove, stati un paio di giorni col nostro lungo e magro arcidiacono, ci restituiremo a Milano, a voi ed agli altri nostri, contentissimi della nostra scappatella. Non aggiungo dunque altro, se non che abbiamo presa molta cura del vostro caro nipotino, assicurandovi ch’egli se ne sta lieto e festoso, come un avannotto che guizza per l’acqua chiara; che poco si ricorda della signora zia e che non si cura un’acca di rivederla, pieno tutto de’ tanti oggetti che si sono sinora presentati agli occhi suoi. Addio, signora nostra. Disperatevi del vostro non essere venuta con noi, ché non farete se non il debito. Addio, addio, che vel diciamo tutti a coro. G. Baretti, Scelta di lettere familiari. 12