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puntigli che colá s’usano, come in tant’altre cittá piccole, dove la scioperatezza muliebre, invece di rendere il trattar comune piano e facile, lo rende anzi scabro e difficilissimo. Cosicché negli otto di che si soggiornò colá ce la facemmo fra noi e coll’unica aggiunta di due madamoselle e d’una madama torinesi, che vollero essere con noi alla libera e partecipare in tutti i passatempi nostri, massimamente que’ che ci avemmo per acqua. — Per acqua? E c’è egli il mare nelle vicinanze di Casale? — No, signora: e’ non v’è se non il fiume Po, lungo il quale ce n’andammo piú d’una e piú di du’ volte in alcune barchette a caccia di certi uccelli che colá chiamano «scannapesci», perché sanno molto destramente beccare ogni pesciolino che venga a galla per loro propio sostentamento. E quando con trenta o quaranta schioppettate s’erano ammazzati da’ nostri valenti cacciatori due o tre di quegli uccelli, che sono tutti bianchi, magri e buoni a nulla, si vogava, non senza molte risa e molto corbellare, verso un’ isoletta ombreggiata dolcemente da molti alti e fronzuti pioppi. E li sotto a quella confortevol ombra, si stendevano delle tovaglie sulla verd’erba, si trinciava un pasticcio e de’ polli arrosto e delle lingue e de’ salsiccioni e de’ caciolini e dell’altre vivande recate con noi dalla cittá, e si sturavano alquanti fiaschi gravidi d’un qualche vino di que’ tanti forbitissimi che il Monferrato produce; e quindi, tutti seduti in un cerchio assai vasto intorno a quelle vivande poste sulle prefate verd’erbe, si satisfaceva all’appetito acquistato sul fiume (il quale appetito, se ve l’ho a dire, aveva sempre assai del rabbioso, anzi che del mite); e cosi ci divoravamo ogni cosa senza la minima misericordia e sempre al suono di alcuni stromenti da fiato, che certi nostri tubicini toccavano assai bravamente intanto che noi iscapponavamo in quell’agreste maniera. E quando il sole s’accigneva a calarsi «inver’ Murrocco», si tornava nelle barchette e si rivogava a Casale con un gaudio e una baldoria da non si dire in un anno. Ahi, Dorotea nostra, non ti vien egli in bocca l’acquolina, mentre che ti stai leggendo questo racconto adagiata su quel tuo canapé di dommasco giallo?