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16 lettera prima

senza santocchieria, senza bacchettoneria, senza ipocrisia: tolto dal volgo ma non dagli amici, dalle pompe ma non dalle comodità, dalle brighe ma non dalle opere virtuose. A questo modo voi potrete trovare tutta la quiete che si può trovare in questa grama vita, e verrete ad essere buono e santo quanto vorrete, e non sarete frate. Lasciando il mondo in questa guisa, si dirà che l’abbiate fatto per avervi disingannato delle sue vanità e non per gabbare altrui, come si dice de’ frati. Standovi chiuso in casa, si dirà che noi fate per precetto ma sibbene per adoperarvi nelle vostre private letture a benefizio sempre maggiore della vostra mente. Digiunando, si dirà lo fate per continenza propia e non perché il guardiano vi limita il mangiare. Facendo orazione, si dirà che lo fate col cuore e senza salmeggiare per pratica.

Infinite altre ragioni vi si potriano addurre a confusione di questo vostro pensamento, e con molti esempi ed autorità ve le potrei confermare; ma scrivendo ad un vostro pari di tanta sapienza e dottrina, così nella Scrittura sacra come nella profana, non ho voluto mettervi innanzi se non alcuni pochi e nudi argomenti. Se questi non vi conchiudono, avrò caro d’intendere i vostri in contrario, che quando mi convincano, chi sa non m’infrati anch’io? Ma quando le mie ragioni vi paiano buone e con tutto ciò vi vogliate incappucciare, e’ sarà effetto di quell’altra spezie che accennai: cioè d’umore malinconico; ed a questo sono forse più appropriati i cerotti che gli argomenti.

All’amico ed al savio si può e si deve dire ogni cosa con ischiettezza; e l’amicizia vi farà chiaro ch’io vi parlo così per affezione, come la saviezza vi mostrerà ch’io non vi dico ingiuria. Chi non sa potrebbe sinistramente interpretare ch’io vi battezzassi per pazzo, non considerando che altro è la pazzia ed altro l’umore; tra le quali due cose corre questa differenza: che la pazzia implica un cervello in cui ogni pensiero è totalmente guasto e corrotto, e l’umore non è se non un unico pensiero fitto saldamente in un qualche oggetto, dal quale non è impossibile distorlo, comeché non sia sovente agevole. Indotto dall’amor mio