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A quegli arcadi dunque, a que’ subarcadi, a quegli accademici, a que’ pastori o poeti o membri, gonzi, gaglioffi, mammalucchi, si volga il tuo compare da Verona, e sbatta in ciascuna loro faccia (dico a que’ che sono vivi, ché i morti son pur morti) que’ suoi maladetti epiteti o titoli o aggettivi o appellativi ch’egli se li chiami, e non venga a sbatterli nella faccia mia, ch’io non permetterò giammai né a lui né a te né a nessuno di chiamarmi «celebre», «impareggiabile», «immortale». E vale, vale, vale.