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v’ha forse un libro solo nel mondo, vuoi greco o vuoi latino, che non si possa trovar tosto nella nostra cittá. A voi dunque tocca il divincolarvi per avere o il possesso o l’uso di que’ cinquanta o sessanta libri o autori, e pogniamo fossero anche cento, che v’abbisogneranno ne’ prossimi tre anni; assicurandovi frattanto che, volendo adottare il mio disegno, io ve ne manderò una buona mano colla prima congiuntura che mi s’affacci, ch’io sono giá invecchiato di troppo per poter far uso tuttavia di quelle poche centinaia che ne ho qui sui miei scaffali, e una cassa dietro l’altra diverranno vostri per la maggior parte. Vedete dunque che la difficoltá de’ pochi quattrini sará costi rimossa da me quanto s’estenderanno le mie poche forze; e quand’anco questo non fosse, infiniti nella storia letteraria si trova essere stati quelli che, malgrado l’impotenza di comprarsi di molti libri, hanno pure rinvenuta la via di farsi uomini dottissimi; cosicché, se a voi non bastasse la vista di vincere un cosi frivolo intoppo, bisogneria pure considerarvi come un sere molto fiacco e molto dappoco. Passando adesso al secondo punto della vostra lettera, voi dite che vi pare pizzicare del poeta, ma che non vi curate di secondare un tal genio, scoraggito da quel proverbiaccio in grosso latino che dice: «Carmina no?i da?it panem, sed aliquando famem», e che va si sovente per le bocche de’ nostri buacci e mammalucchi. A questo vostro proposito, o sproposito, io voglio rispondere che il far de’ versi e l’essere poeta sono cose non meno diverse che il fare de’ mattoni e l’essere architetto. È vero che non si può essere poeta, cioè comporre de’ poemi, senza far de’ versi; ma si può molto bene fare de’ versi a milioni e non essere puntissimo poeta. E voi v’ingannate a partito quando vi date a credere che la gente ponga il poeta a mazzo collo scorbiccheratore di versi; ché anzi non troverete né anco un solo esempio, in tutta la storia letteraria, d’un uomo veramente degno del nome di poeta, il quale non sia stato grandemente pregiato da’ suoi contemporanei, quando non abbia demeritato per altri conti e rendutosi vile nel cospetto loro malgrado quell ’alta sua qualitá. Né vogliate addurmi l’esempio in contrario d’Omero, che