Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/117

additare cento d’autori viventi, da’ quali non v’è da imparare la menomissima cosa. Ma lasciamo andar questo e non entriamo in un episodio che riuscirebbe d’assai piú lungo che non il fatto principale. Quello che Cuiaccio diceva de’ libri si può degli uomini parimente dire. Leggi gli uomini, Peppina, e leggili attentamente; ché, sieno di qualunque edizione si voglia, da ognuno d’essi acquisterai delle cognizioni dispregevoli solo agli occhi degli stolti. Sai tu perché, generalmente parlando, coloro, che passano nel mondo per piú eruditi e per piú sapienti, sono gente spesse volte né troppo buona per se stessi né buona troppo per altri? Perché le Loro mulesche Signorie si stanno tuttavia mulescamente fitte ne’ libri. Se la metá del tempo, che i barbassori spendettero volgendo e rivolgendo i fogli di que’ libri, l’avessono adoperata in notare i fatti degli uomini e in rintracciare le sorgenti di que’ fatti, e’ non sarebbono que’ gran disutilacci che sono. Io ho intimamente conosciuto il piú grande astronomo del secolo, e ti so dire che, quando s’allontanava un passo dal cerchio di Saturno, da’ satelliti di Giove o dalle macchie del sole, mi riusciva un goffo de’ piú solenni. E moltissimi geometri e botanici e fisici d’ogni sorte e antiquari e altra simil gente ho io veduta, che non era buona a cosa veruna, quando la toglievi da’ triangoli o dall’erbe o dagl’insetti o dalle medaglie. E molti de’ nostri poetanti avrai osservati, che null’altro sanno fare, col lor malanno, se non un sonetto o una canzone alla petrarchesca o un capitolo alla berniesca, e che poi gridano con quanta voce s’hanno nella strozza contra la scarsezza de’ Mecenati e contra la cecitá del transandato secolo. Uno zappatore, un ciabattino, un fusaio sono membri molto sproporzionatamente piú utili alla societá che non costoro, i quali le sono anzi dannosi, come chi direbbe i cacchioni all’arnie delle pecchie. Ma fa’ loro entrar in capo questa veritá, se tu puoi! E sai tu, Peppina mia, perché troppi de’ nostri piú magni signori sieno que’ gran buacci che sono? Perché la superbia loro, e piú sovente la magnitudine loro naturale, li toglie dal chinarsi ad esaminare minutamente que’ che sono dammeno d’essi; e gli eguali loro, che le Loro Signorie unicamente