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il Machiavelli tradi sfacciatamente in molti luoghi, accecato, com’era sempre, dal suo matto amore di repubblica e dalla sua sozza antipatia contro il governo monarchico. Ma chi può non fremere della tanta barbarie di lingua e del tanto abbindolamento di stile, quando fassi a leggere la Storia di quel Davila? Dietro a questi tre arcifanfani delle storie italianamente scritte non occorre né tampoco nominare il Nani, il Paruta, il Sagredo e quegli altri ignobili ciarloni viniziani, che oltre al loro sfrontato dipingere i paesani loro sempre piú grandi che non quegli ottomani da’ quali furono tanto impiccioliti, s’ hanno poi imbrattate le loro leggende con tanta porcheria di parole e di frasi goffe, da disgradarne la stessa goffa Dianea b) del loro Loredano. Io mi faccio dunque dalla vostra senza difficoltá veruna, signor dottore; e dico anch’io con voi che gli storici di Francia, considerato solamente il modo da essi usato nel loro scrivere, sono senza paragone piú piacevoli a leggersi che non i nostri, eziandio quando cedono a’ nostri in pregnezza di fatti grandi ed importanti. A buon conto, nessuno storico di Francia s’industria a fare un guazzabuglio di vocaboli o non piú intesi o forestieri, come s’ hanno fatto tanti de’ nostri; ma ciascun d’essi usa quelli che ogni suo paesano può capire senza fatica, né mai istorpia, né mai attorciglia a bello studio il parlar comune delle sue genti collo sciocco pretesto d’aggiungere maestá o splendidezza al suo stile; e si sta saldo al costrutto naturale della sua lingua e te la sciorina via tal quale se l’ebbe dalla mamma e dalla balia, senza meschine parentesi, senza scomporre l’ordine delle frasi, senza inforcare i verbi sulle punte de’ periodi. Sino a qui, signor dottore, io stommi certamente di casa con voi, e dico anch’io come fra i tanti storici di Francia, che s’ hanno scritto senza sgangherare e senza contorcere la lingua loro, tiene un luogo assai luminoso il celebre signor di Voltaire, il quale in nessuno di que’ tanti suoi tomi non ha arbitrariamente coniato né anco un sol vocabolo, né anco introdotta arbitrariamente la piú breve frase o sconvolta o forestiera. (i) Romanzaccio d’un nobile veneto, cosi intitolato.