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LETTERA VENTICINQUESIMA

di Paolo Maurizio Caissotto di Chiusano

ad Ercole Pochettino

[Perché sovente le ragazze non iscrivano né ai genitori né agl’ innamorati.]

Lasciatevela dire, messer Ercole: voi non sapete quel che vi dite, affé di mio. Quella ragione che la vostra figliuola non mi scriverá perché a quest’anni passati non iscriveva né manco a su’ padre, né manco a’ suoi innamorati, non è ragione da stare a coppella. Soventi volte le figliuole non iscrivono a’ genitori per una certa paurosa riverenza, per una tal quale donzellesca vergogna, da cui le loro tenerelle menti vengono, dirò cosi, assiderate e rapprese tosto che si trovano in quella dura necessitá; ed havvene altresí non poche, le quali non iscrivono volentieri quando il farlo viene ad esser debito, perché il debito dalle figliuole, egualmente che da tutte l’altre umane creature, sempre s’è fatto e si fa tuttavia a ritroso, vale a dire con alquanto di ripugnanza. E noti qui il benigno leggitore che la vostra figliuola non appartiene a questa seconda categoria di figliuole, ma unicamente alla prima: vale a dire a quella delle timide, ossequiose e virgineamente erubescenti. E mettetela al punto, messer Ercole, se non mi credete: cioè provatevi ad andare solamente nel Cataio, solamente nell’Etiopia. Ora che la tristanzuola sa distinguere i baiocchi da’ paoli, che si che non ascolta piú voce alcuna se non quella del dovere, e che si che, intralciandolo bellamente colla riverenza e col desiderio di farvi cosa grata, che si che vi scrive delle lettere lunghe le dieci e le venti braccia? Ecco dunque buttata a terra la vostra prima ragione: che la vostra figliuola non mi scriverá, perché in diebus illis non