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deliberato di farvene un dono, non mi essendo lecito con altro dimostrarvi quanto io desidero di farvi servigio, si perché voi meritate per le vostre rare e buone qualitá esser da tutti riverito ed onorato, ed anco per i molti piaceri che io da voi ho rice- vuti. Vi dico bene che, se il marito de la donna che fu altamente ingannata fosse vivo, che io questa novella non darei fuori, perché potrei esser cagione di gran male, ponendo per ventura l’arme in mano a qualche nostro amico. Mi sará ben caro che ai signori Annibaie e Carlo vostri fratelli ne facciate copia, sapendo che molto volentieri questa mia novella leggeranno. La mostrarete anco a le nostre due Muse, la signora Cecilia Gallerana contessa, e la signora Camilla Scarampa, le quali in vero sono a questa nostra etá duo gran lumi de la lingua ita- liana. State sano. NOVELLA III Beffa d’una donna ad un gentiluomo ed ir cambio che egli le ne rende in doppio. Non son ancora molti anni, che in una cittá di Lombardia fu una onorata gentildonna, maritata molto riccamente, la quale era d’un cervel piú gagliardetto e capriccioso che a donna di gravitá non conveniva. Ella meravigliosamente si dilettava di dar la baia a tutti e spesso beffare alcuno, e poi in compagnia de l’altre donne ridersi di questo e di quello, di modo che nes- suno ardiva far a l’amor con lei, o seco troppo dimesticarsi, per- ciò che, essendo come era baldanzosa ed avendo tagliato, anzi rotto, il silinguagnolo, diceva tutto quel che in mente le cadeva, pur che a chi si fosse desse la sua e pungessi questo e quello. E perché nel vero non sta bene a gentiluomini contender con donne e voler con esse questionar con parole, ché sempre de- veno esser riverite e da noi onorate, fuggivano quasi tutti di venir troppo con lei a parole, conoscendosi da tutti quanto era sfrenata di lingua e mordace, e che a nessuno portava rispetto. Ella era poi oltre misura bella e in tutte le parti che facciano una bella donna si ben formata, e con si leggiadre maniere e