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tra noi essendo nata questione se questa legge o costuma che si fosse era lodevole o no, molte cose furono dette, secondo il parer di ciascuno. Non v’essendo poi chi la lite terminasse, messer Costantino, imposto ai litiganti silenzio, narrò ima piacevol novella circa la materia dei furti, la quale parendomi bella fu da me scritta e posta nel numero de le mie novelle. Ora, rivolgendo questi di le scritture de le mie novelle, questa mi venne a le mani e mi parve di quella farvene un dono e porla sotto l’ombra del vostro nobilissimo e dotto nome. Voi, quando talora sarete stracco dagli studi vostri gravissimi e dal continovo comporre che fate, potrete, leggendo questa no- velletta, dar un poco di riposo agli spiriti vostri, che da l’as- sidue contemplazioni di cose dottissime non può essere che non bramino alquanto di remissione. E ben che voi siate tra i dotti nobilissimo e tra i nobilissimi dottissimo, non vi sdegnarete perciò questo mio picciolo dono accettare, essendo a tutta Italia manifesto che, con l’antichissima nobiltá del sangue, insieme con le buone lettere avete il raro tesoro de l’umanitá e cortesia, che in voi risplendono come finissimo rubino orien- tale legato in biondo e ben brunito oro. State sano. NOVELLA XXV Mirabile astuzia usata da un ladro rubando ed ingannando il re de l’Egitto. Noi stiamo qui a litigare e beccarci il cervello volendo sapere se quelle leggi che Licurgo diede agli spartani sono buone o triste, e penso se il mio onorato precettore messer Giason Maino fosse qui che averebbe assai che fare a por fine a cotanta lite quanta voi avete mossa. Io non vo’ giá dire che la investigazione de la veritá non sia cosa lodevolissima, anzi l’affermo e lodo; ma ben vo’dire che tutti gli atti umani deveno essere fatti a luogo e tempo, volendosi servar il decoro de le cose e dar le parti sue a l’animo e le sue al corpo. Noi siamo partiti da