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Ora, venendo al fatto, ti dico che ieri intesi come ti sei conve- nuto con messer Lionato de’Lionati per sposar Fenicia sua figliuola per tua moglie. Guarda, signor mio, ciò che tu fai ed abbi riguardo a l’onor tuo. Questo ti dico perché un genti- luomo amico mio quasi due e tre volte la settimana si va a giacer seco e gode de l’amor di lei, e questa sera deve me- desimamente andarci ed io, come l’altre volte soglio, a simil fatto l’accompagno. Quando tu voglia darmi la parola tua e giurarmi di non offender né me né l’amico mio, farò che tu stesso il luogo e il tutto vederai. E a ciò che tu sappia, sono molti mesi che questo amico mio gode costei. La servitú che teco ho e i molti piaceri che tu la tua mercé fatti m’hai, a palesarti questo m’inducono. Si che ora farai quello che piú di tuo profitto ti parrá; a me basta aver in questo fatto quell’uf- ficio che al debito mio verso te appartiene. — A queste pa- role rimase il signor Timbreo tutto stordito e di modo fuor di sé, che quasi fu per uscire di sentimento. E poi che buona pezza stette mille cose tra sé rivolgendo, in lui piú potendo l’acerbo e, al parer suo, giusto sdegno che il fervido e leal amore che a la bella Fenicia portava, sospirando al giovine cosi rispose:—Amico mio, io non debbo né posso se non restarti eternamente ubligatissimo, veggendo quanto amorevol- mente di me e de l’onor mio cura ti prendi, ed un giorno ti farò conoscer con effetto quanto tenuto ti sono. Però per ora quanto piú so e posso ti rendo quelle grazie che per me si ponno le maggiori. E poi che di grado t’offeri a farmi veder quello che mai non mi sarei imaginato, io ti priego, per quella caritá che spinto ti ha di questo fatto ad avisarmi, che tu li- beramente l’amico tuo accompagni, ed io t’impegno la fede mia che da leal cavaliero né a te né al tuo amico darò nocumento alcuno e questa cosa terrò sempre celata, a ciò che l’amico tuo possa goder questo suo amore in pace. Ché io deveva es- ser piú avvisto da prima ed aprendo ben gli occhi spiare mi- nutamente il tutto con diligenza. — Disse adunque a l’ultimo il giovine al signor Timbreo:—Voi, signor mio, questa notte a le tre ore anderete verso la casa di messer Lionato e in