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NOVELLA XII (XIII) molto da li suoi tartari amato e ubedito. Veggendosi egli ne la sedia imperiale con amore grandissimo de li suoi popoli, e udendo dire gran cose di una figliuola del re de l’Armenia, che in que’ tempi era generalmente lodata per la più bella giovane che si potesse vedere, come uomo che per fama si innamora, si forte de le bellezze di quella si accese che si deliberò averla per moglie. Onde, fatta cotale deliberazione, essendosi consigliato con li suoi baroni e a tutti piacendo il volere del loro re e imperadore, mandò a lo re d’Armenia una solenne ambasciaria a chiederli la sua figliuola per moglie. Il re, udita l’ambasciata, si trovò molto di mala voglia, conoscendo sua figliuola, che Catarina per nome si chiamava, essere buona e divota cristiana e il tartaro essere infedele e idolatra. Da l’altra banda, veggendo le affettuose e caldissime preghiere che gli ambascia- tori li faceano, dubitò che, non compiacendo loro, il tartaro, sdegnato, non mandasse uno esercito a li danni e destruzione de l’Armenia. Ma prima che si risolvesse a dar loro risoluta risposta, conferì la dimanda del tartaro con la figliuola e il periglio che sovrastava se a quella non si compiaceva. Catarina, stata alquanto sovra di sé tutta pensosa, in questo modo al padre rispose: — Padre e signore mio osservandissimo, prima che mai essere cagione di nessuno menomissimo despiacere o danno a te o al tuo reame, io vorrei più tosto morire o non essere nata già mai. Perciò io consentirò di prendere per marito questo tartaro, mentre però che vi intravenga una sola condizione, che sarà: che io possa con li miei, che verranno per miei servigi a star meco, vivere e osservare la mia legge cristiana. Nel resto poi io li sarò ubedientissima moglie e serva. — Piacque al padre la saggia risposta de la figliuola, e seco conchiuse ella medesima fosse quella che risolvesse gli ambasciatori de l’animo suo. Intro- dutti che furono li tartari nel cospetto de la reale giovane, fattale la debita riverenza, restarono a la vista de la incredibile e meravigliosa bellezza di lei di tal modo stupefatti e pieni di estrema ammirazione, che non bellezza mortale vedere si invaginavano, ma credevano essere dinanzi a uno angelo del cielo. Le fecero poi intendere quanto il loro imperadore ricercava, come di