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322 PARTE TERZA si trova tra quelli stagni marini fondata, e bellissima per i molti magnifici e ricchi palagi che vi si veggiono edificati. È poi, a mio giudicio, città molto libera, ove ciascuno, sia di che stato si voglia, può andar e star solo e accompagnato come più gli aggrada, ché non v'è nessuno che lo riprenda o che ne mormori, come qui si fa; ché se un gentiluomo non mena una squadra di servidori seco, dicono che egli è un avaro, e se con troppo coda, diranno che egli è prodigo e che in quindici di vuol logorare le sue facultà. V'è poi un’altra cosa in Vinegia, che ci è un infinito numero di puttane, che eglino, come anco si fa a Roma e altrove, chiamano con onesto vocabolo « corte- giane ». Quivi intesi esser una usanza, che in altro luogo esser non udii già mai, che è tale: ci sarà una cortegiana, la quale averà ordinariamente sei o sette gentiluomini veneziani per suoi innamorati, e ciascuno di loro ha una notte de la settimana che va a cena e a giacersi con lei. Il giorno è de la donna, libero per ¡spenderlo a servigio di chi va e di chi viene, a ciò che il molino mai non istia indarno e qualche volta non irrugginisse per ¡stare in ozio. E se talora avviene che qualche straniero, che abbia ben ferrata la borsa, voglia la notte dormire con la donna, ella l’accetta, ma fa prima intender a colui di chi quella notte è, che se vuol macinare, macini di giorno, perciò che la notte è data via ad altri. E questi cosi fatti amanti pagano tanto il mese, e si métte espressamente nei patti che la donna possa ricevere ed albergare la notte i forastieri. Ora d'una di queste si fatte cortegiane s’innamorò, essendo io in Vinegia, un giovine nobile di questa città, il quale, non conoscendo la natura di queste barbiere, che senza rasoio radono fin sul vivo, cominciò né più né meno a corteggiarla e vagheggiarla, come averebbe in questa terra fatto amando la più nobile ed onesta donna di Milano. Ché se egli, come la vide e che gli piacque, fosse a buona cera andato a trovarla e dirle: — Signora, io son venuto a trastullarmi vosco per mezza ora, — ella l’averebbe menato in una camera e giocato piacevolmente seco a le braccia; e a la prima scossa si sarebbe riversata suso un lettuccio e fatto di sé abondante copia al giovine; ed ogni volta