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NOVELLA XIX 247 esser loro imitatori, né anco porre la bocca in cielo, ma fuggendo i tristi costumi loro lasciar la cura a chi appartiene di castigargli e dargli la debita punizione. Facciamo noi il debito nostro ed avvengane ciò che si voglia. Egli è ben perciò vero che i mali essempi sono cagione di grandissimi e strabocchevoli mali. Per questo, come benissimo sa messer Giacomo Antiquario che è qui, se il duca Lodovico Sforza non perdeva questo ducato, aveva già messo ordine di voler riformare tutto il clero ed ogn’altra sorte de le persone religiose di questo dominio, supplicando il papa che astringesse i capi de le religioni, e i vescovi i loro preti, che ciascuno vivesse secondo gli ordini loro. Ma Tesser egli cacciato e fatto miseramente prigione ha vietato questa cosi santa, necessaria e lodevole opera. E forse che Dio un giorno spirerà la grazia sua al re nostro cristianissimo, che secondo che ha cominciato a far riformare il convento e frati di Santo Eustorgio, farà il medesimo nel resto. Ora sovvenendomi ciò che Tiberio imperadore fece a Roma a certi sacerdoti, dico che non ¡starebbe forse in tutto male che talora si facesse ad uno o dui di questi malviventi preti o frati, perché saria metter terrore agli altri a ciò che quello che operar non vogliono per amor de la vertù, facessero per téma de la pena. Volendo adunque narrarvi l'istoria, devete sapere che, signoreggiando in Roma Tiberio imperadore, fu un gentiluomo romano molto ricco, chiamato Saturnino, il quale prese per moglie una nobilissima giovine, che era de l'eredità dei suoi parenti e patrimoni loro rimasa oitra modo ricca, di modo che a la casa del marito portò oro, argento e possessioni grandissime. Era poi tenuta una de le belle giovani che in Roma a quei tempi si trovasse. Ma quello che più famosa e a tutti riguardevole la rendeva era la sua vera e pudicissima onestà, non pieghevole a qualunque persona si fosse, per argento od oro od altra cosa che sia. E tanto più alora era in lei meravigliosa e lode- volissima la pudicizia quanto che di già le donne romane, grandi e picciole e d'ogni grado e qualità, avevano cominciato allargar il freno senza riguardo alcuno a le lascivie e senza téma di vergogna diventavano adultere, e facevano le cose cosi sfacciatament