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novella iv | 145 |
Gian Stefano Gloriero vostro onorato padre, ed altresi per farvi certo che sempre di voi sono stato ricordevole, dopo che un di nel convento de le Grazie di Milano, in compagnia del dotto messer Stefano Negro, di messer Valtero Corbetta, uomo ne l’una e l’altra lingua erudito — e se male non mi sovviene,, credo ci fosse anco messer Antonio Tilesio, — dei Commentari de le lezioni antiche di messer Celio Rodigino a lungo ragionammo. De la memoria che di voi tengo ve ne potrà far fede messer Giulio Calestano, non mai stracco predicatore de le vostre singolari doti, col quale tante volte ho di voi e de l’umanissima e cortesissima vostra natura e dei castigatissimi vostri costumi ragionato, raccontando quanto prudentemente e con inaudita costanza abbiate sofferto i fieri ed impetuosi soffiamenti de la contraria fortuna, la quale tanto vi s’è mostrata per lungo tempo nemica. Né solo eroicamente i suoi sbattimenti ed avversi colpi sofferto avete, il che a molti avviene, ma si saggiamente vi séte saputo schermire con lo scudo de l'innocenzia contra i suoi velenosi dardi, che a la fine ogni suo impeto ed ogni sua rabbiosa furia ammorzato avete. Degnatevi dunque questo mio picciolissimo dono accettare con quella serena fronte che gli amici vostri veder solete. E che altro vi posso io dare, se non vi dono qualche mio incolto scritto? Feliciti nostro signor Iddio ogni vostro disio. State sano.
NOVELLA IV
Pietro de lo speziale del « Pomo d’oro » in Vinegia gioca quanto può avere e, mancandogli danari per poter giocare, ammazza una vedova sua zia insieme con dui figliuoli e una massara. Preso dai sergenti di corte, s’avvelena e di lui cosi morto si fa giustizia.
Poi che, signori miei, la questione e perigliosa rissa che s'è fatta tra i nostri dui soldati non è per altro avvenuta che per il giuoco di questi malvagi dadi, che invero sono cagione di molti grandissimi mali, come altresi sono le maledette carte, e ciascuno di voi ci ha detto sopra ciò che più gli è paruto a proposito; io medesimamente ve ne dirò quel tanto che al M. Bakdbllo, Novelle. io