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NOVELLA XXXVII 299 appetito fuor del buon sentiero e sicura via cavare, andando poi precipitosamente a dar del capo in profondi abissi. Misero me, e tre volte misero, che queste cose tutte veggio e comprendo, e conosco quanto strabocchevolmente fuor di strada l’appetito mio disordinato mi tiri, e non so né posso ritrarmi e sul vero calle ritornare ed a questi folli pensieri volger le spalle! Dico « non posso » e dir deverei « non voglio »: anzi pur vorrei, ma si innanzi mi sono da le mie passioni, dai miei appetiti e da le mie mal regolate voglie lasciato trasportare, e si ho allentato il freno ai miei disconvenevoli disiri, che a me più ritrarlo non vaglio. Son io come uno che, tratto da la vaghezza di seguir una fera in un folto bosco, tanto va innanzi seguitando che poi non sa trovar il camino di ritornar indietro, anzi quanto più per dentro vi s’aggira, tanto più vi s’intrica e vi s’imbosca e dal vero camino s’allontana. Ora comunque la cosa si sia, questo cotanto ve n‘ ho io, conte mio, detto, non perché non veggia il grave error mio, ma perché conoscendo voi che io più non sia mio né più abbia la mia libertà in mano, di me vi caglia avendomi compassione, e pietà di me vi prenda. Ché a dir il vero, si ne la pania degli sfrenati miei desii avviluppato mi sono, che quantunque io veggia il meglio, al peggiore nondimeno m’appiglio. Io, ahi lasso me! io che i nemici miei per mare e per terra cosi gloriosamente ho vinto; io che il nome inglese per tutta la Francia ho fatto di riverenza, d’onore e di téma degno; da un voluntaroso e disordinato appetito mio mi sento in modo legato e vinto ed al basso messo, che più in poter mio non è di sciogliermi e rilevarmi. Questa vita mia, che più tosto morte si può chiamare, è cosi d’ogni angustia e mortai pena colma che l’albergo di tutti i mali son io e solo recettacolo d’ogni miseria. E quale scusazione al fallo mio si può ritrovare che vaglia? Certo se pur la vi si trovasse, ella saria molto frivola, debole e vana. Una sola n’ ho, che essendo ancor giovine e vedovo, mi pare che il lasciarmi nei lacci amorosi irretire non mi si disconvenga. E poi che assai sforzato mi sono le redine ed il freno de le mie voglie ripigliar in me e che ogni mio sforzo è riuscito vano, altro rimedio a le mie mordaci pene non so più