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NOVELLA XXVIII 191 confessato, ammazzare. Io intendo seguir quello che vogliono gli statuti e leggi municipali di questa città. Prima farò che sarai dimane posto a la fune, per formar il processo giuridicamente; poi di te farò quello che degli assassini si fa. — A questa voce l’impaurito Fridiano, gittatosi ai piedi del giudice con le braccia in croce, lacrimando diceva: — Se la pazienza vostra, signor giudice, esser può tanta che ella soffra d'ascoltarmi, io non dubito punto che avendo da me la verità intesa, voi non debbiate giudicar che io non sia tanto colpevole come ora mi stimate, e che voi non abbiate rispetto a l’innocenza de la mia carissima donna, la quale in questo caso è senza colpa veruna e merita, la poverina, esser liberata. — Fece alora il giudice che Fridiano si levò, e gli disse: — Orsù, di’ ciò che tu vuoi, che io ti ascolterò pazientemente. Che vuoi tu dire? — Fridiano in piè levatosi cosi disse: —Messere, io v’ho già detto come io dubitava che voi amaste mia moglie, perciò che quando questo gennaio passato voi faceste l’entrata vostra, cominciaste molto spesso a passar per dinanzi a casa mia. Io conoscendomi aver bellissima moglie — il che non suole mai porger la notte tanto diletto che molto maggior noia il giorno non apporti, — dubitai fortemente del caso vostro, essendo pisano e bel giovine; e tanto più ne dubitai quanto che io vedeva in voi e in lei certe cose che mi facevano credere che questo vostro amore avesse avuto principio altrove. Adesso ho conosciuto che m’ingannava, e quando mia moglie mi diceva che devevate esser innamorato d’una nostra vicina, io noi credeva; onde è poi seguito quanto l’altra volta vi dissi. Pertanto egli mi pare che il caso mio sia degno di compassione e che in casa mia io possa star armato come mi piace. E se volevi passar per l’orto, devevi farmi dir una parola e non cosi a l'improviso volermi scalar il muro, ché essendo, com’io era, in quel sospetto, che deveva io altro fare? E voi, che avereste voi fatto? Di mia moglie, ora che l’avete cosi fieramente tormentata, siate sicuro che a torto l'avete fatto male, non essendo ella in colpa di cosa alcuna. — Il notaio pisano alora disse: — Fridiano, tuo suocero m’ha mandato qui per veder con men tua vergogna e danno che sia possibile che io procuri che tu sia con la moglie