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IL BANDELLO

a la magnanima e generosa madama

la signora

gostanza rangona e fregosa


Piú volte ragionandosi, come si suole, a la presenza vostra di varie materie, signora e padrona mia molto illustre e valorosa, sovvienimi aver udito ad alcuni dire che lo scrivere i fortunevoli e diversi casi che a la giornata si veggiono in vari luoghi accascare, oltra che sarebbe opera perduta e di pochissimo profitto, che sarebbe anco in tanto accrescer il libro che di simigliami accidenti si componesse, che l’etá d’un uomo a leggerli non basterebbe, perciò che tanti e tali talora in un tempo n’accadono, che stancherebbero le mani e le penne di tutti gli scrittori. Ricordomi che a questi tali fu alora convenevole risposta data. Né io ora voglio questionare quanto sia lodevol di tener memoria d’ogni cosa che occorra, ché almeno crederei che non potesse recar nocumento alcuno; ma porto ben ferma openione che descrivendo alcuni accidenti che ai mortali sovente sogliono avvenire e quelli consacrando a l’eternitá, che sarebbe opera molto Iodata e di non poco profitto a chiunque le cose descritte leggesse. E chi dubita che non sogliano mirabilmente restar ne la memoria fitti tutti quei casi ed accidenti che si leggono, quando hanno in loro qualche atto degno di compassione e di ricordanza? Chi non sa medesimamente che colui che gli ha letti, quantunque volte quelli va tra sé rammentando, tanto si sente di dentro moversi, o a compassione se il caso n’è stato degno, od a lodar gli atti se ve ne sono meritevoli di lode, od a biasimargli se tali sono che di biasimo