d’empire il sacco ed in mangiar e bere averebbe vinto Cinciglione
per téma di non divenir debole, trangugiava i cibi e non
gli masticava. La seguente notte Gandino che in camera con la
moglie dormiva, domandando ella del giulebbe ché aveva sete,
levatosi tutto sonacchioso, pensando prender il bicchiero del
giulebbe preèe quello del cristero e il diede a la moglie. Ella
che per indigestione di stomaco aveva gran sete, postaselo a la
bocca, tutto il bebbe, né egli né ella de l’error s’avvide. Venuta
la matina, ella si levò e si vesti, ed accostatasi a la tavola per
pigliar non so che, vide che il bicchiero del cristero era vóto.
Domandò al marito ciò che fatto se n’era. Egli accortosi de
l’errore dissele come era la cosa, di che ella entrata in còlerá,
a lui si rivoltò tutta adirata e cominciò a dirgli tanta villania
quanta a bocca le veniva. Era quivi una sua balia, che giá le
aveva lattato un maschio che fanciullino se ne mori. Ella si interpose per pacificargli insieme e nulla profittava, perciò che la
Zanina piena di stizza arrabbiava e non poteva sofferire che
il marito le avesse fatto bere il cristero, dicendogli ¡ratamente:
— Sozzo cane, io mai non mi terrò appagata di questo vituperio
che fatto m’hai, se non ti fo mangiare il tuo medesimo sterco.
No no, fa pur quanto sai, ché io ne farò la vendetta. — Tanta
fu la còlerá che rodeva Tirata Zanina, che o fosse quella o la
indigestione dei cibi che lo stomaco non poteva cuocere o pure
che il giá bevuto cristero facesse la sua operazione, che tutte
le interiori se le voltarono sossopra, e di modo la còlera se
le commosse che cominciò a vomitare con gran furia il cibo
non digesto, che pareva che in quella medesima ora inghiottito
l’avesse. Le reggeva il capo il buon marito, e tuttavia ella rendeva il mal tolto fieramente lamentandosi. Gandino la confortava
a la meglio che poteva, e la balia ancora, che l’era a torno, le faceva buon animo. Ed essendo lo stomaco alquanto del soverchio
peso alleggerito, venne una nuova tempesta, perché il mal pertugio posto fra due colline, non lontano dal mal foro che non
vuol festa, cominciò con puzzolenti tuoni, come suole quando
vuol venire una gran pioggia, a mandar fuor un’aria fetida che
la camera tutta d’intorno ammorbava, e dopo il romore venne