come si dice a Genova, senza galante o intendimento, stranamente con lui si domesticava. Egli era figliuolo d’un barbiero,
e s’era acconcio in casa per staffiero del signor Francesco. Ma
perché sapeva far alcune calate nel liuto, a Zanina venne voglia d’imparar a sonare. Ser Gandino per sodisfarle il prese
di modo a favorire che lo fece far cameriero d’esso signore
Gianfrancesco ed accrebbegli il salario, e questo ad instanzia
de la moglie che del garzonaccio era innamorata. Bisognava
pensare che in quella corte ella faceva crescere i salari a chi
le piaceva. E perché il marito una volta accrebbe salari ad
un suo servidore senza farne motto a lei, ella entrata in còlera
lo garrí aspramente dicendo: — Perché senza me avete voi fatta
cotesta cosa? guardate che non lo facciate piú. Io conosco meglio di voi i buon servidori che meritano d’essere accarezzati. —
Il garzonaccio tuttavia attendeva ad insegnarle sonare ed aveva
gran comoditá di dirle i casi suoi. Ella poi tutto il di al marito
il commendava per il piú servigiale e discreto che in casa fosse,
e quando deveva star in camera a cucire e far come le altre
donzelle facevano, ella una e due ore con il liuto in mano, e
bene spesso la sera senza lume e senza compagnia, in un canto
di sala s’interteneva col maestro. Era cotestui molto grande e
grosso che pareva un gran baccalare, e credo che per copertoio
da letto avena benissimo servito. E perché parve pure che l’altre
donzelle si avvedessero di questo loro amoraccio, e massimamente
che come ella il vedeva tutta si cangiava di colore e
diveniva rossa come un scarlatto, ella diceva che questa mutazione di colore se le causava perché gli voleva male, ma che
lo sopportava per imparar a sonare, e da l’altra banda come
se gli poteva avvicinare le pareva d’esser in un cupo mar di
gioia. Il giovine, da esser grande e grosso in fuori, era nero che
pareva nato di cingari, con le mani brune e ruvide. Era anco
un poco mal netto e sonava stranamente di pedali, con un puzzo
che di modo infettava l’aria che nessuno poteva sofferire di
stargli appresso. E perché d’alcun tempo innanzi una de l’altre
donzelle aveva fatto a l’amore con un giovinetto nobile con speranza d’averlo per marito, al quale anco i piedi forte putivano,