e la moglie usano, e che se prendessero del loro non la tagliarebbero
cosí larga, egli fu sentito dire a la moglie: — Zanina mia
cara, lascia pur dire a chi vuole e attendi a conservarti, ché a la
fine questi invidiosi quando averanno ben detto creperanno d’invidia. — Sovvienimi che non è molto che io era andato a Gibello
per fare un certo accordo, e meravigliandomi molto d’alcune
cose che io vidi fare a questo ser Gandino e a sua moglie, che
il signor Gianfrancesco figliuolo de la signora Clarice, fanciullo
molto gentile e pronto, mi disse: — Tomaso, non riguardare a
le maniere e sozzi costumi di questo villano bergamasco, che fa
il prence in questa casa e par proprio che sia dei reali de la Francia, tanto si tiene e fa il grande. Egli è un gran tristo e maldicente, e si crede che l’uomo non sappia chi egli si sia e che sua
moglie è figliuola d’un poverissimo berrettaio, che se la signora
mia madre non l’avesse ritirata in casa per amor di Dio e maritata, ella sarebbe ita mendica. Ora tien piú riputazione che non
fanno le signore mie sorelle. Tu déi sapere che in questi caldi,
come s’è desinato e che la signora è ritirata in camera e le donzelle si metteno a cucire e far altri suoi lavori di trapunto come
sogliano far le fanciulle, il bergamasco chiama la moglie e seco
se ne va a la sua camera, dove se ne sta in piacere due e tre ore
sovra il letto come se fosse il signor Pietro Pusterla con la signora
Clara sua moglie, di modo che non ci è persona in questa casa,
per grande o picciola che si sia, a cui non siano in grandissimo fastidio. E piú e piú volte la signora gli ha sgridati di queste odiose
e villanesche maniere di ser Gandino, ma nulla è giovato, perché
la signora è troppo buona e pensa, perché Gandino ha la pratica
de le cose nostre, non ne trovar un altro meglior di lui, il quale
con queste sue bergamascherie attende a le spese nostre a farsi
ricco, e quando sará grasso se n’anderá con Dio. — Io mi ammirai molto forte che il fanciullo mi dicesse questo, e giudicai
che tutti conoscessero questo ser Gandino e la moglie. Si truovava
alora a Gibello in corte un certo garzonaccio cresciuto innanzi agli anni, il quale molto apertamente faceva l’appassionato
con Zanina e le stava tutto il di fitto ne le coste, di modo che
ella a cui piaceva assai d’esser vagheggiata, non sapendo stare,