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268 PAKTE PRIMA Dopo cotanta sceleraggine il fiero e più che neroniano castellano fece domandar i primi e più riputati uomini di Nocera, ai quali dinanzi la porta de la ròcca congregati egli che su le mura tra i merli era, cominciò a parlare ed essortargli a volersi metter in libertà, dicendo loro che il tempo oportuno era giunto che si potevano, volendo, liberare da la tirannia dei Trinci, perché egli aveva Niccolò e Cesare imprigionati, i quali intendeva indi a poco far morire a ciò che la sua patria liberasse. Non parve al ribaldo manifestare che i dui fratelli fossero morti se prima non spiava e conosceva le menti dei nocerini. Quando i ragunati intesero che dui dei loro signori erano incarcerati, udendo si fatto tradimento tutti ad una voce agramente il ripigliarono, e poi con buone parole il pregarono che di cotanto errore quanto commesso aveva, pentito, lasciasse’ liberi i lor signori dai quali si tenevano giustamente ed umanamente governati ; che se questo egli faceva, talmente opererebbero appo essi signori che gli impetrarebbsro dei grave commesso fallo perdono. L'assicurarono poi che essi ed il popolo siini- gliantemente non permetterebbero mai che i lor signori fossero si villanamente morti, e che subito del tutto avvertirebbero Corrado ché in aita dei fratelli ne venisse. Gli dissero altresì che Braccio per modo veruno non comportarebbe che suo cognato che era il duca di Camerino stesse in prigione; e molte altre cose gli misero innanzi. Lo scelerato castellano veggendo che la città non era per liberarsi, rispose ai cittadini che fra il termine di tre o quattro ore darebbe loro risoluta risposta, e che in questo mezzo voleva meglio pensar sul fatto. Licenziati ì cittadini, subito chiamò a sé dui giovini dei quali molto si confidava, e diede loro tutti i suoi danari e gemme che aveva, pregandogli a partirsi subito e trovar un luogo fuor de la giurisdizione dei tiranni ove poi potesse mandar i figliuoli. Montarono a cavallo i dui compagni ed uscirono per la porta del soccorso, e s’accordarono come furono fuori che era meglio romper la fede a l’infedel castellano che essere rubelli del signor Corrado, onde quanto i ronzini gli poterono portare cavalcarono verso Trevio ove sapevano esser Corrado.