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ad osservare, e a tutto ciò che facevano por gli occhi e spiar ogni lor azione, onde senza troppa difficultá s’awide che la moglie ad altro papero che al suo dava da beccare. Nondimeno egli fu cosi costante e si saggiamente si governò che nulla mai di questo a la moglie disse né al giovine mostrò tristo viso giá mai, anzi come soleva far per innanzi perseverava, a ciò che piú gli assicurasse e gli potesse cogliere sul fatto. Il perché gli amanti non pensando essere spiati, andavano dietro a buon giuoco ai lor amori, ma per esser in casa il padrone, con grandissima difficultá potevano sfogar amorosamente i lor disiri. Ora avvenne del mese di settembre che il duca di Savoia si ritrovò in Turino e per alcuni affari mandò a chiamar il marito di cotesta donna. Egli alora si pensò esser venuta l’occasione di coglier a l’ improviso il gallo e la gallina su l’ova. Ordinò adunque che tutta la famiglia il di seguente montasse a cavallo e andasse a la volta di Turino, ed egli solamente seco ritenne un suo cancegliero di cui molto si fidava. Domandato da la donna a che fine egli facesse questo, cosi le disse : — Moglie mia, io vo’ che domatina a buon’ora tutti si partano e vadano verso la corte. Io starò qui per tutto dimane, e dopo cena col cancegliero me n’anderò in posta che giá ho fatto proveder di cavalli, ché ancora che siamo di settembre a me pare che il giorno faccia grandissimo caldo. Noi correremo la notte che luce la luna e non sentiremo caldo nessuno. — La povera moglie che altro inganno né malizia non pensava, gli lodò molto questo suo pensiero e da l’altra banda diede ordine al suo amante che quella notte l’attenderebbe; il che a l’amante sommamente fu caro, essendo giá molti di che con la sua donna non era giaciuto. Cenarono tutti di brigata sul tardi. Egli dopo cena chiamata la moglie ordinò molte cose che ella facesse fare, mostrando che starebbe qualche giorno che non tornarebbe, e per meglio assicurar il tutto, diede anco alquante commissioni al giovine amante de la moglie. Cominciando poi ad imbrunirsi la notte, montò a cavallo col cancegliero, e non cavalcò un miglio che si fermò ad un suo luogo ove aveva una bellissima possessione, e quivi stette circa due ore. Dapoi rimontato a cavallo se ne ritornò al suo castello che potevano essere circa le quattr’ore di