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PARTE SECONDA

Ercole Cardinal di Mantova. Il che al signor Cesare non mezzanamente dispiacque, con ciò sia cosa che molto desiderava che voi fossi a Verona per intertener cosi gentil e bella compagnia di donne. Fu il desinare secondo l’usanza fregosa bello e veramente luculliano, ed oltra le carni domestiche vi si mangiarono tutti quei salvaggiumi cosi d’augelli come di quadrupedi che la stagione comportava, mescolando variamente, secondo che convenevol pareva a messer Antonio Giovenazzo nostro maestro di casa, di tutte quelle maniere di pesci che quelle fontane in abbondanza fanno, con i piú delicati che produce il famoso Benaco. Dopo il desinare si fecero molti piacevoli giuochi sotto un folto e molto lungo e largo frascato fatto a posta, ove anco al suono dei piffari si ballò da chi poco curava il caldo. A l’ora poi del merigge, essendo il caldo grande e i balli cessati, si misero uomini e donne diversamente a ragionar insieme secondo che loro piú era a grado. Io mi ritirai in una molto onorata compagnia ov’era il signor Cesare, e sentii che parlavano del Decamerone del Boccaccio e d’alcune novelle di quello, raccontando le beffe fatte da Bruno e Buffalmacco al povero Calandrino e a quel valente medico, maestro Simone da Villa. Era quivi il gentilissimo dottor di leggi messer Lodovico Dante Aligeri, il qual disse molte cose in commendazione del Boccaccio, nomandolo suo compatriota, perciò che esso Aligeri, come chiaro si sa, è disceso per linea maschile da uno dei figliuoli del famoso e dottissimo Dante che in Verona rimase al servigio dei signori de la Scala. Il conte Raimondo da la Torre vostro zio, uomo di molte buone doti ornato, seguendo il parlar di messer Lodovico narrò una piacevol novella, la quale il signor Cesare mi comandò che io scrivessi. Il che avendo fatto, ancor eh’ io creda che piú volte voi l’abbiate udita raccontare, m’ è paruto convenevole tale quale descritta l’ ho, che sia vostra. So bene che non averò saputo rappresentar l’eloquenza di vostro zio né por in iscritto la novella cosi puntalmente come fu da lui narrata. Io ho ben avuto buon animo, ma il non saper piú è stato cagione che secondo l’animo non ho avuto le forze. Tale adunque qual è ve la dono ed al vertuoso vostro nome de-