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si trovava in parte ove la condizion sua non si sapesse, egli soleva farsi gran barone e dire che a casa sua era stato ricco, ma che trasportato da la giovinezza e amore aveva logorato il suo dietro a bellissime gentildonne ed al giuoco, e che a casa non voleva tornare se non straricchiva, come sperava in breve, con ’le sue mercanzie, quasi che fosse stato Agostino Ghisi o Ansaldo Grimaldo. E cosi ser Gandino si pasceva di queste sue chimere, lodandosi sempre e dicendo che da tutti era onorato ed apprezzato se non a Gibello. Diceva anco piú volte ai servidori ed altri che troppo non l’avevano in pratica, che credeva bene che a Milano ed altrove gli era fatto onore per rispetto de la signora Clarice, ma che molto piú era rispettato per la sua gentil natura e buone maniere, facendosi a posta sua cristeri d’acqua fredda. Come giá v’ho detto, suo suocero era poverissimo uomo; ma Gandino per magnificarsi, quando gli scriveva, nel sovrascritto de la lettera scriveva cosi : — Al molto magnifico suocero e padre mio onorandissimo, — titolo che solamente ad onorevoli gentiluomini e cavalieri dar si costuma. Con questi suoi appetiti di grandezza era entrato in fantastico umore, che averebbe voluto che, avendo la signora Clarice un’onorata madrona per governatrice de le damigelle, avesse mandata via quella e fatta sua moglie per tal donna d’onore, e che a mensa se l’avesse tirata appresso ed onorata come madrona di grado. E a questo non mancò egli con mille sue fantastiche invenzioni. Ma il forsennato non s’accorgeva che cercava un corvo bianco e che l’altre donzelle erano tutte nobili e di piú chiaro sangue de la moglie. E perché elle quella non onoravano né tenevano per maggiore come egli cercava e voleva, altro mai non faceva che biasimarle e dirne tutti i mali che di loro ne la mente gli cadevano. Medesimamente averebbe voluto che quanti gentiluomini erano e praticavano in corte avessero adorata questa sua Zanina, ché cosi sua moglie aveva nome, come i turchi adorano l’arca di Maometto; e da l’altro canto n’era tanto geloso che non poteva sofferir che veruno la guardasse, di modo che Salomone non averebbe saputo trovar mezzo d’acquetar il cervello di costui. Aveva poi una solenne vertú, che aveva la piú velenosa lingua del mondo.