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a le femine si perdeva, volle tirarlo in casa, e ve lo tirò, a ciò che fuor non andasse a perder tempo, ed in una gran camera lo rinchiuse. Ma statovi a gran pena tre giorni, la seguente notte con un paio di forbici fece alcune liste de le lenzuola del letto e da una finestra calatosi, attese per alquanti giorni a’ suoi piaceri. Il magnifico Cosimo che ogni di era solito visitarlo, non lo trovando molto fu di mala voglia, e mandatolo a cercare lo lasciò poi dipingere a sua volontá, e fu da lui con prestezza servito, dicendo egli che i pari suoi, d’ ingegni rari e sublimi, sono forme celestiali e non asini da vettura. Ma vegniamo al fatto per cui mosso mi sono a ragionarvi di lui per mostrarvi che la vertu ancora appresso ai barbari è onorata. Era fra Filippo ne la Marca d’Ancona, e andando un di in una barchetta con alcuni amici suoi a diportarsi per mare, ecco che sovragiunsero alcune fuste d’Abdul Maumen, gran corsaro alora de le parti di Barbaria, e il buon fra Filippo con i compagni fu preso, e tutti furono tenuti schiavi e messi a la catena e in Barberia condotti, ove in quella miseria furono tenuti circa un anno e mezzo, nel qual tempo in vece del pennello conveniva al Lippi a mal suo grado menar il remo. Ora essendo tra l’altre una volta fra Filippo in Barberia,, non essendo tempo da navigare fu posto a zappare e coltivar un giardino. Aveva egli in molta pratica Abdul Maumen suo padrone, onde toccato dal capriccio, un giorno quello con carboni si naturalmente suso un muro ritrasse con suoi abbigliamenti a la moresca che proprio assembrava vivo. Parve la cosa miracolosa a tutti, non s’usando il dissegno né la pittura in quelle bande; il che fu cagione che il corsaro lo levò da la catena e cominciò a trattarlo da compagno, e per rispetto di lui fece il medesimo a quelli che seco presi aveva. Lavorò poi fra Filippo con colori alcuni bellissimi quadri ed al padrone gli diede, il quale per riverenza de l’arte molti doni e vasi d’argento gli diede ed insieme coi compagni liberi e salvi con le robe a Napoli fece per mar portare. Certo gloria grandissima fu questa de l’arte, che un barbaro naturai nostro nemico si movesse a premiar quelli che schiavi sempre tener poteva. Né meno fu la