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sue figure giudicava. L’ho anco veduto secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava, partirsi da mezzo giorno, quando il sole è in lione, da Corte vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Grazie ed asceso sul ponte pigliar il pennello ed una o due pennellate dar ad una di quelle figure, e di subito partirsi e andar altrove. Era in quei di alloggiato ne le Grazie il Cardinal Gurcense il vecchio, il quale si abbatté ad entrar in refettorio per veder il detto cenacolo in quel tempo che i sovradetti gentiluomini v’erano adunati. Come Lionardo vide il cardinale, se ne venne giú a fargli riverenza, e fu da quello graziosamente raccolto e grandemente festeggiato. Si ragionò quivi di molte cose ed in particolare de l’eccellenza de la pittura, desiderando alcuni che si potessero veder di quelle pitture antiche che tanto dai buoni scrittori sono celebrate, per poter far giudizio se i pittori del tempo nostro si ponno agli antichi agguagliare. Domandò il cardinale che salario dal duca il pittor avesse. Li fu da Lionardo risposto che d’ordinario aveva di pensione duo mila ducati, senza i doni ed i presenti che tutto il di liberalissimamente il duca gli faceva. Parve gran cosa questa al cardinale, e partito dal cenacolo a le sue camere se ne ritornò. Lionardo alora a quei gentiluomini che quivi erano, per dimostrare che gli eccellenti pittori sempre furono onorati, narrò una bella istorietta a cotal proposito. Io che era presente al suo ragionamento, quella annotai ne la mente mia, ed avendola sempre tenuta ne la memoria, quando mi posi a scriver le novelle quella anco scrissi. Ora facendo la scelta d’esse mie novelle ed essendomi venuta questa a le mani, ho voluto che sotto il vostro valoroso nome sia veduta e letta. Il perché quella vi dono e al vostro nome dedico e consacro in testimonio de la mia servitú verso voi e de le molte cortesie vostre a me la vostra mercé usate. State sana.