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piu mi fosse possibile di ringraziarvi. Ma io so che vie piú stimate far piacer ed utile a qualunque persona si sia che da altri riceverne. Nondimeno a ciò che possiate vedere che io di voi sono ricordevole, v’ ho scritta questa mia che con una de le mie novelle ho accompagnata, non m’essendo uscito di mente quanto volentieri quando eravamo insieme leggevate le cose mie. Questa novella eh’ io vi mando non è molto che in una onorevol compagnia, ragionandosi de le beffe che fanno le donne ai lor mariti, fu narrata da messer Scipione Pepolo, disceso da messer Giovanni Pepolo dal quale il signor Bernabò Vesconte per molte migliaia di ducati comprò Bologna in quei tempi che la Chiesa romana risedeva in Avignone. Essa adunque novella al nome vostro scrivo e consacro come frutto nato da uno che è tutto vostro. State sano.

NOVELLA LUI

Beffa fatta da un contadino a la padrona e da lei al vecchio marito che era geloso con certi argomenti ridicoli.

Infiniti veramente son quei modi che le donne usando quando non ben contente di quel di casa che loro non pare a sufficienza, ricercan di fuora via proveder ai casi loro; infiniti, dico, sono i modi con che i mariti si trovano ingannati. E ben che ciò che io ora vi vo’ dire possa esser stato da voi inteso, nondimeno ove egli sia avvenuto non intendeste forse giá mai. Il che intendo io ora di dirvi se m’ascoltarete, come ho fede in voi, portando ferma openione che il mio dire vi porgerá diletto. Devete adunque sapere che al tempo del glorioso duca di Milano il duca Filippo Vesconte, fu in Pavia una giovane de la famiglia de’ Fornari, che fu maritata in un messer Giovanni Botticello dottore che era d’etá di cinquanta anni e piú; il quale essendo molto savio per lettera, perché era legista famoso e dottissimo, a me pare che per volgare si fosse mostrato molto pazzo, entrando in quella etá nel farnetico di