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PARTE PRIMA

fu mezzo a conformar gli animi dei questionanti, e Dio sa se al vero nessuno s’appose, — voi mi pregaste, potendomi comandare, che io la novella che il conte disse scrivessi. Il che feci molto volentieri si per ubidirvi come anco ché il caso mi parve molto mirabile. Ma io non ho giá voluto scriver la varietá de le openioni d’essi questionanti e massimamente quella di messer Paolo Semenza priore di quei da Goito. Basta che la novella come occorse vi mando e dono in testimonio de la servitú mia verso voi e tutta l’ illustrissima casa sforzesca. State sano.

NOVELLA XLVII

Il signor Gostantino Boccali si getta ne l’Adige ed acquista l’amore de la sua donna che prima non l’amava.

Io non so giá in qual guisa mi sia lasciato condurre né chi mosso m’abbia a novellare innanzi a cosi onorata compagnia, essendone qui molti che meglio di me e con sodisfazione di tutti potrebbero questo arringo correre. Ma poi che io in ballo entrato sono, egli m’ è pure forza ballare a la meglio o per parlar piú proprio, al men male che io saperò. Onde di me vi converrá pigliar ciò che io posso darvi, perché in effetto io non sono gran dicitore, se ben pare che io parli assai. Ora poi che ragionar debbo, anderò senza partirmi di qui a Verona mia nobilissima patria, che in pochissime cose cede a qual si voglia cittá d’ Italia, e vi narrerò un meraviglioso accidente d’amore che non è guari in quella avvenne. E per non tenervi piú a bada vi dico che questi anni passati, tenendo Massimigliano imperadore la detta cittá di Verona sotto il suo dominio, tra gli altri che a la guardia d’essa terra furono da lui deputati vi fu il signor Gostantino Boccali, giovine nobilissimo di quei dispoti e prencipi che de la Grecia e del reame de lo Epiro furono da’ turchi cacciati. Egli, come molti di voi ponno aver veduto, è giovine di grande statura, ben proporzionato, di giocondo e veramente signorile aspetto e de la persona molto prode, come colui che da gran prencipi disceso sempre s’ è da fanciullo ne