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PARTE SECONDA t’odia e che è pm superba e ritrosa che il nemico de l’umana natura. Non è ancor guarí che essendo io a Santa Maria Piedigrotta con una nobiliss1ma e bella compagnia di dame a cena ne l’amenissimo giardino del Caracciolo, che a caso si parlò di Lionora Macedonia moglie del Tomacello; de la quale tutte dissero che in effetto era bellissima, ma che non era possibile che una cosi superba, si disdegnosa e poco cortese si potesse trovare, e che non aveva compagnia di parente né d’amica con la quale potesse lungamente du·rare, perché si stima ·piú che persona del mondo .e non degna nessuno, sia chi si voglia. Questo è il nome che questa tua donna appo uomini e donne s’ ha con le sue si schifevoli maniere acquistato. Il per ché usa ornai la liberta de l’arbitrio tuo e getta a terra questo cosi gravoso peso che non ti lascia respirare. Purga questo mortifero veleno che il cor t’ammorba. E se pur amar vorrai, non ti mancheranno belle donne, gentili e vertuose, che averanno caro d’esser da te amate e di reciproco amore t’ameranno. Pon fine ornai a questo tuo male, ché quanto piu tarderai tanto ti sara maggiore, e patria di modo fermarsi che diverria peggio che il fistola. Mettiti di prima Iddio innanzi agli occhi, poi gli amici e l’onor tuo e la vita, ché in vero n’ è ben tempo ornai. Ed io per ora non saperei che piu dirti. Qui tacque il Pandono aspettando ciò che íl marchese risponder ebbe. Il quale, dal vero ed onesto parlare de l’amico trafitto, stette un poco senza dir nulla, tutto nel viso cambiato; ma dopo un gravissimo sospiro cosi rispose : - Io conosco assai chia’fa·mente, signor mio, tutto esser vero quello che ora cosi amorevolmente m’hai dimostrato, e senza fine te ne resto ubligatissimo. Vivi allegramente, ché a sordo cantato non averai né spese le tue parole invano. Io spero con l’aiuto del nostro signor Iddio che tutto N a poli conosce r a il profitto che le tue vere parole in me faranno. E per questa mano che ora ti t occo , io t’ impegno la fede mia da leal cavali era, che io ora in tutto ammorzo quelle voracissime e ardenti fiamme che fin qui per la belta dannosa de la Macedonia m’ hanno distrutto ed arso, .e cosi il nome suo e la rimembranza mi 1evo dal core, che in me luogo non averanno gia mai. Né piu di lei si ragioni. Andiamo, ché io veggio il signor