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l’arca e l’uscio del luogo fermò; poi si mise ad ordinar le cose per il desinare. In questo arrivò il maestro di casa, a cui il bresciano dis9e: - Mia moglie n’ha fatta una de le sue, ché ha bevuto tutto un fiasco di vernaccia, e; vi so dire che sta fresca. Bisognera poi far la scusa col compare e dirgli che è ita al partorire d’una nostra vicina. Bisogna mò che voi prendiate cura d’apprestare il desinare, che mi par esser assai ben in ordine. La tavola è messa. Questa buona donna e questo garzone faranno quanto gli commetterete. Io in questo mezzo anderò a trovar mio compare Alessio che su la piazza dei Signori m’aspetta. Cosi, se n’andò, e trovato il compare a casa lo condusse, e per meglio onorario invitò anca Matteo da la Lira. Né crediate che io dica Agostino da la Viola, quel cosi famoso da Ferrara, che ai nostri giorni con la viola in collo è veramente stato un nuovo Orfeo. Ma questo di cui vi parlo è un povero compagno che sa cosi un poco gratugiare la lira e dire a l’ imp·roviso. Ed in vero chi sente quei suoi versacci ed abbia niente di gusto di versi, s’accorge molto bene che sono detti impensatamente, perciò che non ci è verso dei suoi tanto limato che non abbia almeno nove o dieci piedi, senza poi le belle e scelte parole, che tutte san nate, allevate e fatte perfette nel borgo di San Zeno, ove questa lettera «o» è in maggior riverenza che non è esso santo, onde hanno un privilegio di terminar il piu de le parole loro in «o». Ora vennero costoro a desinare e furono assai comodamente di ciò che ci era serviti. Mentre che essi desinavano , la donna ch e sepolta era dentro l’arca de la far ina si risvegliò al quanto, e qui nci -e quindi le mani dimenando né dove ella si fosse imaginar sapendo, si dubitò d’esser forse motta, parendole che la farina fosse polvere. E pe r esser ancor molto ben carca di vernacc ia, ella non sapeva discerner la farina da la polvere. Né veggendo P._ unto di lume, ché la finestra e l’uscio del luogo eran chiusi e l’arca chiavata, tenne per fermo esser passata a l’altra vita e sepolta; onde fra sé diceva: - Cotesta è una mirabil cosa, che io sia morta e non mi sovenga d’aver avute alcune inferinita e non sappia quando io morissi. Ora sapessi io almeno se sono in paradiso od in purgatorio o per i miei