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PARTE SECONDA Finita questa lettera, per un servido:re. a Cinzia la mandò. Ella avuta che l’ebbe e con infinito dolore letta, di tal maniera per b_uono spazio r estò stordita che piu tosto a statua di marmo che a donna viva rassembrava; poi r icordandosi de le parole. de la balia, subito s’ imaginò che quanto Camillo le scriveva tutto era per opera d i qu ella, e che d’altri non intendeva se non di Giulio. E quello mandato a dimanda-re, tutta piena di lagrime e. di sospiri l’attendeva che venisse. Andò a lei Giulio e, trovatola cosi di mala voglia, le domandò la cagione de la presente· sua mala contentezza. Ella alora gli mostrò quanto Camillo scritto le aveva. Giulio da non pensata e grave ferita offeso, poi che buona pezza stette sovra di sé, celando piú che poteva l’ interna ed infinita pena che di questa calunnia sentiva, dopo alcuni ragionamenti, avendosi l’un Faltro detto ciò che la balia dinanzi separatamente aveva ragi onato con loro, concorsero in questa openione, che ella fosse stata l’ inventrice del tutto e con sue favole avesse fatto credere a Camillo ciò che non era. Poi con buone parole consolatala a la meglio che puoté ed affermandole che la verita a la fine sarebbe conosciuta, da lei si parti ed andò a trova-r un suo amico, che anco era molto domestico e familiare di Camillo e si chiamava Delio. E quello trovato che alcune lettere scriveva, dopo l’usitate salutazioni gli di s se: - Io so, Delio mio, che tu ti meravigli de la mia venuta co si a buon’ora, non ess endo ancora il sole a pena spuntato fuori d’ oriente. Ma molto piu ti meraviglierai qu ando ti dirò la cagi one del mi o venire. Tu sai l’amicizia che è tra Camillo e me, né bisogna che io te ne informi, pe.rciò che tu chiarament e hai in molte cose veduto che io da hii a’ miei fratelli carnali non faccio differenza, perché certamente io l’amo come la vita mia propria . So anco che conosci quanto a mal mio grado, essendo io nodrito in corte di Roma e avendo fatto lunga dimora a le corti de la Francia e de la Spagna e praticato in molti luoghi di quei r egni, io me ne stia in questa mia patria, ov’ è un viver molto alieno da la mia natura e da la maniera del conversar dei luoghi ov’ io son creato e lungo tempo vivuto. Per questo mi vedi di r ad o aver pratica con questi cittadini, perché niente tengono del cortegiano ed il viver loro è molto