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1. Di quest'età in generale, ed in particolare di questo periodo primo delle preponderanze spagnuola e francese combattute [1492-1559]. — Fin dall'ultimo secolo dell’età precedente, noi vedemmo incominciare quel travaglio di unione dei popoli, d’ingrandimento degli Stati italiani, il quale continuò lungo tutta l’ultima e durante nostra età. E noi, salutammo siffatte riunioni con compiacimento, senza guari compiangere le forme repubblicane perdutesi in quell’opera, senza lamentare i principati sorti sulle loro rovine; perché crediamo, che anche ne’ principati possa esser libertà e felicità; perché ai tirannici e semibarbari di que’ secoli ne succedettero di quelli civili, e che van diventando liberi; perché poi, in somma, noi teniam l’occhio fermo principalmente al bene di tutte insieme le terre italiane, e che, tenendo sempre più impossibile la riunione totale di esse, noi stimiamo sommo bene lo sminuzzamento quanto minore, le riunioni quanto maggiori sieno possibili. Se si fosse continuata quest’opera delle unioni degli Stati senza invasioni, senza preponderanze straniere, Dio sa qual magnifico destino sarebbesi venuto ordinando fin d’allora all’Italia! Dio non volle, pur troppo; i nostri maggiori non se l’erano meritato; non avean adempiuto ai grandi doveri, alle grandi virtù nazionali; non avean badato se non ciascuno a sé, con quell’egoismo politico che è vizio e stoltezza insieme, e tanto più quanto più va progredendo la civiltà. Quindi, quest’etá, che fu felicemente della formazione degli Stati italiani, fu pure infelicissimamente delle invasioni e delle preponderanze straniere;